CAPITOLO 23 - NATHAN

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Non esistono parole che possano spiegare quello che ho provato stanotte con Elizabeth e, seppure esistessero, non renderebbero comunque giustizia a tutto ciò che è stato.

Dico solo che per anni ho vagato nel buio, sono stato inghiottito da un silenzio devastante che mi ha fatto sentire solo, perso. Da quella notte, da quando mia madre mi ha lasciato, tornavo a casa ogni giorno dopo la scuola e dovevo fare i conti con il vuoto che ormai avvolgeva casa mia e la mia stessa vita. 

All'improvviso mi sono accorto di non avere più nessuno

Nessuno più m'avrebbe chiesto come stavo, nessuno m'avrebbe baciato la fronte prima di uscire di casa, nessuno m'avrebbe abbracciato per dirmi semplicemente che sarebbe andato tutto bene.

Quella casa enorme, vuota e silenziosa era tutto ciò che avevo.

Stanotte però, nel solito silenzio di camera mia, dopo tanto vagare, con Elizabeth, mi sono ritrovato. È stato solo per un attimo ma mi sono sentito felice. 

Mi sono steso accanto a lei e ho chiuso gli occhi per un istante. Beth si è avvicinata a me, ha posato la testa nell'incavo del mio collo con una naturalezza disarmante e si è addormentata. Come se lo facesse da sempre, come se quello fosse esattamente il suo posto. Ho seguito per un po' il ritmo regolare del suo respiro, ho posato il braccio attorno alla sua vita e mi sono addormentato stretto a lei.

Insomma, tutto perfetto... fino a stamattina. 

Ho aperto gli occhi e l'ho vista lì sulla porta, le lenzuola accanto a me ancora sgualcite e impregnate dal suo profumo. Mi fissava in imbarazzo, pronta a scappare via e lasciarmi di nuovo solo. Forse è stata proprio la perfezione di questa notte, forse semplicemente la paura di legarmi a una donna perché l'unica a cui ero legato mi ha lasciato per sempre e non volevo accadesse ancora, forse è stato il timore di ferirla o la consapevolezza di non avere niente da offrirle se non un'anima sola. Forse è stato un pizzico di tutto questo a spingermi a fare la seconda cosa che mi riesce meglio nella vita: rovinare tutto.

Le ho detto che tra noi sarebbe tornato tutto come prima e me ne sono pentito ancor prima di terminare la frase, poi le sue parole si sono infilate nella mia pelle come spine «Nathan per me, da oggi, nemmeno esisti» ha detto tranquilla, poi è andata via.

Casa mia è tornata silenziosa e vuota.
Le cose belle durano poco Nathan, non te l'hanno detto? Ormai dovresti saperlo.

Sono rimasto qui, su questo maledetto letto, a fissare il soffitto come un povero stronzo, mentre cercavo di elencare a me stesso tutte le ragioni per cui è meglio che restiamo lontani.

D'altronde avevamo detto una sola notte, no? Ora basta. Tutto finito.

Decido di evitare le lezioni per non vederla, almeno per oggi.

La suoneria, alta, del mio telefono mi distoglie da quel vortice di pensieri.

Papà.
Un sorriso amaro mi arriccia le labbra mentre leggo il suo nome sullo schermo. Salvare il suo numero così, quando di fatto non si è comportato da padre nemmeno per un giorno della sua vita, è ironico. Declino la chiamata, non sono dell'umore giusto per parlare con lui.

Lo stronzo insiste, al quarto tentativo mi arrendo e decido di rispondere.

"Dimmi" dico frettolosamente, ha un attimo di esitazione, pensava avrei staccato di nuovo e in realtà lo pensavo anch'io.
"Finalmente riesco a sentirti" la sua voce è composta e troppo poco familiare.
"Da quando ti interessa sentirmi?" ribatto secco, se fossi morto in questi anni non se ne sarebbe nemmeno accorto.
"Nate sai che mi interessa" ora la sua voce è un po' più bassa, stanca "sono in città, volevo vederti" dice d'un fiato, scuoto appena la testa, come se potesse notarlo.
"Non so se voglio vederti" la mia voce è seria e decisa, è la verità.
"Andiamo Nate, penso che riuscirai a sopportare una mezz'ora con il tuo vecchio" la sua voce è bassa ma carica di speranza. Sospiro.
"Ci vediamo stasera nel tuo ufficio" la velocità con cui le parole escono dalla mia bocca sorprende anche me, decido di staccare. È già abbastanza.

Profondi come il mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora