CAPITOLO 9 - NATHAN

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Elizabeth scende dalla macchina sbattendo forte la portiera della mia bambina.
Adoro provocarla e vedere l'espressione accigliata che fa.

Indossa un semplice jeans blu scuro che gli fascia perfettamente le gambe, una camicetta bianca con tanti bottoncini sul davanti per niente scollata e uno zainetto blu scuro che ha preso al volo prima di uscire di casa. Niente di che eppure non riesco a non pensare a come sarebbe far saltare tutti i bottoni.

«Forse per te è brutto da ammettere ma so che il tuo corpo mi vuole Gray» Mi sporgo verso di lei restando in macchina, le sorrido divertito, so che lo odia.

«Vaffanculo Walker» mostra il dito medio e mi da velocemente le spalle dirigendosi verso l'entrata del locale. Il suo passo è deciso e sembra sussultare quando accelero per andar via. Devo tornare a casa, farmi una doccia e darmi una calmata.

Il tragitto per casa mia non è molto lungo e la mia bambina vola sull'asfalto.

Una volta arrivato la sistemo in garage e entro nel mio appartamento, sospiro. Vado direttamente in bagno, ho bisogno di rilassarmi; sfilo la maglietta e i jeans neri, abbasso anche i boxer, entro in doccia. Il soffione va in funzione poco dopo e una nube densa si diffonde tutt'attorno. Devo schiarirmi le idee, è stata una giornata piuttosto strana. 

La giornata con Elizabeth è stata strana. Era meglio quando le stavo lontano, il mio corpo va fuori controllo quando c'è lei nei paraggi, non so cosa mi succede ma è da giorni che penso solo a lei e a quelle meravigliose gambe, a come sarebbe sfiorarle.

Poggio la schiena sulla parete fredda e lascio che l'acqua mi scivoli addosso. Oggi a casa sua stavo davvero per perdere il controllo.

Abbiamo passato un pomeriggio tranquillo tutto sommato, mi sentivo davvero sereno, è stato insolito.

Mi piace stare con lei perché non si aspetta niente da me.

Tutto è diventato pericoloso però quando mi ha lanciato quel cuscino, non potevo resistere alla provocazione, lo sapeva.

Abbiamo cominciato a correre come dei bambini per la cucina, non ridevo così da anni, non riuscivo nemmeno a smettere.

Poi ho avuto l'idea più sbagliata di sempre: l'ho presa e ho iniziato a farle il solletico.

Non riuscivo a fermarmi perché più rideva più volevo che non smettesse.

La tenevo stretta, pelle contro pelle, e volevo di più. Il bisogno di toccarla che continuava a vorticarmi nella testa... un calore strano sotto la pelle, fin dentro le ossa. Dovevo toccarla. Di più. Subito. Così l'ho stretta di più e l'ho guardata. L'ho guardata davvero, forse per la prima volta da quando ci conosciamo. L'ho guardata come non dovevo. L'ho guardata e l'ho desiderata. Intensamente. I suoi occhi erano fissi nei miei e le labbra troppo carnose e sporgenti. Sembravano farmi un invito. Io odio i baci, non ne dò, mai. Ho desiderato anche quelli.

Le ho sfiorato lentamente le labbra con le dita e ho pensato al sapore dolce e rassicurante della sua bocca, a come avrebbe potuto spegnere tutto il rumore che mi porto dentro.

Per un secondo ho creduto perfino che l'avrei fatto. La volevo intensamente, con tutto me stesso. Ma non potevo, non con lei.

Mi rendo conto di essere patetico adesso poggiato contro il muro della doccia con l'erezione più prepotente e dolorosa che abbia mai avuto e soprattutto per la donna più sbagliata di tutte. Il mio corpo pare non accettarlo e io devo risolvere questa cosa prima di impazzire.

L'afferro e chiudo gli occhi cercando disperatamente di non immaginarla, ma più provo ad allontanare il suo viso dalla mia testa più l'immagine prende forma per tormentarmi. La mia mano va su e giù velocemente, il fiato si spezza mentre continuo la mia agonia.

Profondi come il mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora