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Non appena vedo la sua figura dietro la porta i nostri sguardi si incrociano, per qualche frazione di secondo che sembrano ore, rivedo i suoi occhi marroni, che tanto mi erano mancati, incastrarsi nei miei.

Appena ho realizzato fosse lui, e che non fosse un sogno, nella mia testa hanno iniziato a frullare milioni di domande, ma possono essere tutte riassunte in due sole: che ci fa qui? È qui per chiarire o per urlarmi contro, di nuovo?
Girandomi verso le altre noto che le loro facce sono completamente immobilizzate, non riescono a dire niente.

Dopo poco più di quarantott'ore lo ritrovo lì, davanti a me, con la sua solita tuta nera della Nike e le Jordan, con un aria che sembra a tratti preoccupata, ma sono fermamente convinta sia una mia stupida idea, d'altronde è Joaquín Correa, quando mai è preoccupato?

<<Che ci fai qui?>> chiede Martina rompendo il silenzio.
Sinceramente, in questo momento non riesco a capire se siano passati due secondi o due ore da quando è qui.

<<mi sembra ovvio>> deve fare lo sfacciato anche adesso? Davvero? <<devo parlarti cla>> dice spostando lo sguardo su di me, mentre la mia schiena si riempie di brividi.

<<parla>> gli dico cercando di fare la sfacciata come lui, so che è una cosa da bambini fare le cose perché le fa l'altro ma non m'interessa.

<<potete lasciarci soli?>> aspetta, cosa? Da soli? No!

<<ehm si, a domani cla>> dice Serena invitando le altre ad uscire con lei.

<<a domani>> dico a tutte e tre con un mezzo sorriso.

<<mi sembra chiaro che tu possa parlare adesso>> non riesco a guardarlo negli occhi, so che se lo facessi cederei e rischierei di piangere o di perdere tutta la fermezza che ho, e non devo minimamente farlo.

<<lo sai il motivo per il quale sono qui, dobbiamo parlare dell'altro giorno>> mi dice avvicinandosi al letto, ma senza sedersi.

<<parliamo della parte in cui mi hai dato della puttana, o della parte della bugiarda?>> dico alzando lo sguardo per guardarlo negli occhi.

<<cla lo sai che non lo penso davvero! Ero solo incazzato>> ah certo, adesso vado in strada e uccido una persona a caso, tanto sono solo incazzata.

<<e può anche essere, ma tu hai idea di come mi sia sentita?>> sento gli occhi pizzicare ma mi impongo di non piangere, non posso.
Visto il suo silenzio proseguo: <<come pensavo, beh mi sono sentita una merda! Perché non so per quale assurdo motivo mi sono venuti i sensi di colpa, pensa che stupida, invece di odiarti ho continuato a pensare che fosse tutta colpa mia!>> gli dico tutto d'un fiato.

<<ed io che dovrei dire! Mi sono sentito anche io uno schifo, e sai perché? Perché ti ho vista piangere sul volante della tua auto, e non me lo sarei aspettato! Sapere di averti fatta piangere mi ha distrutto>> ero così sicura di aver oscurato i vetri! Dio, odio farmi vedere fragile.

<<come facevi a non aspettartelo? Mi hai urlato contro e tutt'al più sai quanto io tenga a te, e sentire dalla tua bocca quei pensieri mi ha fatto male, tanto>> sento una lacrima rigarmi il viso e per non farmi vedere abbasso lo sguardo.

<<cla lo sai che a te ci tengo, e che agisco così solo quando sono arrabbiato>> sta ripetendo le stesse cose, come se non stessi capendo ciò che sta dicendo.

<<scusami, ma non vedo il motivo della tua rabbia>> gli dico con ovvietà, perché dovrebbe essere arrabbiato con me? Ve lo dico io, non ha nessun motivo.

<<ma non ci arrivi proprio al fatto che sono geloso marcio di te!>> pronunciate quella parole in un primo momento sembra pentito, come se non volesse dirle, ma poi continua: <<E adesso che l'ho detto, sei contenta? Immaginare anche lontanamente che tu sia uscita con un ragazzo a caso mi ha dato fastidio, e ho sbottato>> ammette lui abbassando lo sguardo.

<<e sarebbe una giustificazione? Io e te non siamo niente>> gli dico cercando in parte di cambiare discorso, dentro di me sento come un ripudio nell'accettare la sua gelosia, non stiamo insieme e non vedo il motivo per il quale debba esserlo.

<<ovvio che non lo è! So di essere in torto!>> facciamo progressi.

<<se lo sai, allora perché sei qui?>> finalmente riesco a chiederglielo.

<<non c'è un motivo, quando ho chiesto a Ciro come stessi, mi ha detto che stavi bene, ma qualcosa mi diceva che non fosse vero, perché ti conosco bene, ed eccomi qui>>

<<mi conosci talmente bene che con un pomeriggio mi hai detto tutto ciò che odio sentirmi dire, complimenti>> sto diventando anch'io ripetitiva, ma non m'interessa.

<<cla lo sai che non avrei mai voluto dirti quelle cose>> dice sedendosi all'angolo del letto parallelo al mio.

<<volontà o non volontà le hai dette, e comunque si, sto bene>> gli dico guardandolo di nuovo negli occhi.

<<no cla, ti conosco, è inutile che fingi, lo so che stai male, e ti ripeto: sapere di essere il motivo di ciò>> dice indicando le mie labbra che non mostrano un sorriso neanche per errore. <<mi fa male, non so nemmeno io il motivo, cioè insomma io e te siamo amici e non credevo di poterti ferire così>> Ormai non riesco a trattenere le lacrime.

Sembra davvero pentito, quasi non credevo che potesse esserlo.

<<vuoi sentirtelo dire? Si tucu, hai ragione, non sto bene, in questi due giorni ho cercato disperatamente di non pensare a te e alle parole che mi hai rifilato, fallendo ovviamente. Perché infondo sei il mio migliore amico, e a te ci tengo, e non nego che ho pensato più e più volte "ma che starà facendo?" Pero ti giuro, che avrei voluto evitare tutto ciò, avrei voluto evitare di prendere una trasferta con mio padre come un "non pensiamo a Joaquin" ma ho dovuto, e mi stava facendo bene, credo>> ormai le lacrime stanno inondando la mia maglia.

Lui sembra non riuscire a dire niente, è apparentemente provato per quello che gli ho detto.

<<sai che c'è? Non avrei mai creduto che potessi farti questo effetto, non credevo che tu pesassi così tanto ciò che dico>> è l'unica cosa che riesce a dire, ma fortunatamente abbassa la tensione della situazione.

<<quando ti dicevo che la tua opinione conta più di molte altre non mentivo, e forse sei riuscito a capirlo>> dico accennando un mezzo sorriso.

<<lo dici sempre, meglio tardi che mai>> mi dice quasi ridendo e io faccio lo stesso.

Mi era mancato ridere con lui.

<<usi le mie frasi contro di me? Ottima mossa>> gli dico sorridendo, ormai il mio nervosismo sembra smaltito, fortunatamente.

<<mi sei mancata un pochino>> ammette facendomi arrossire.

<<un pochino? Ti sei fatto tre ore di treno per venire qui, credo che tu non possa stare senza di me, caro>> gli dico dandogli una pacca sulla spalla.

<<stai zitta>> dice avvicinandosi pericolosamente a me.
Si trova ad un centimetro dalla mia faccia, riesco a sentire il suo respiro, come se non bastasse sento i suoi occhi fissarmi le labbra.
Sta davvero per succedere di nuovo?

amici per errore - Joaquìn CorreaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora