. Prologo.

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Severus Piton, nonostante i numerosi difetti che gli venivano attribuiti, aveva il pregio di potersi definire una persona discreta e anche abile, suo malgrado, a scivolare nell'ombra, con quel suo fare gelido e misurato che lo aveva reso la spia perfetta, l'uomo grigio, colui che sta nel mezzo.

Durante la sua fragile esistenza si era mosso nella vita di più di una persona senza quasi lasciare traccia, intrecciando sorti e destini alle spalle di molti e anche in quel momento, vestito completamente di nero e quasi impalpabile, mentre camminava in tondo nella luce bassa del suo studio, vibrava come una figura misteriosa, tanto da non sembrare davvero reale, anzi, come fosse sul punto di svanire nel nulla.

Il ragazzino timido, ossuto e sgradevole, che aveva frequentato quel castello anni prima, il naso perennemente affossato in un vecchio libro come se volesse caderci dentro, nell'inutile tentativo di sfuggire così ai Malandrini, si era trasformato col tempo in un mago tutto d'un pezzo, capace di celare ogni tipo di emozione, impassibile davanti alla morte, letale quando voleva.

Non era mai stato bello, non con quei lineamenti aspri e il naso adunco che svettava, insieme agli occhi color onice, sul volto giallognolo, né con quel corpo alto, dinoccolato e asciutto, più adatto allo studio che al volo, ma era un uomo orgoglioso, a suo modo un uomo ammirevole, potente e pieno di uno strano fascino che sapeva all'occorrenza intimorire.

Eppure, nel buio del sotterraneo, Severus Piton ora sembrava soltanto fragile,consumato e stanco. Soprattutto stanco. Il volto visibilmente scavato dalla preoccupazione e il normale pallore esasperato dalla lugubre luce proiettata dalle poche candele appese alle pareti. Girava in tondo, a vuoto, senza meta: nervoso oltre ogni limite e fremeva pronto a spezzarsi, tanto che nessuno, osservandolo, avrebbe mai sospettato che quell'uomo all'apparenza più vecchio di quanto in realtà non fosse, potesse essere uno dei maghi più potenti che la scuola di Hogwarts e forse l'intero mondo magico avesse mai visto.

"Silente non può farmi questo, non dopo tutto quello che ho fatto per lui. Lui sa..."
Snocciolava le parole a voce bassa, le labbra sottili tremanti di preoccupazione e gli occhi scuri colmi di angoscia e l'elfo domestico, nascosto in un angolo della stanza, lo ascoltava atterrito, sgranando gli occhi blu, senza osare intervenire in quello sproloquio: non aveva mai visto il suo padrone così sconvolto. Si sporse in avanti, facendo dondolare la testa ornata di grandi orecchie, mentre di fronte a lui, con un ultimo movimento nervoso, Piton smetteva di camminare per la stanza, fermandosi di fronte alla porta.
Per un attimo ci fu una strana calma tormentata.

L'uomo radunava assorto i pensieri, il mantello nero che dondolava sulle sue spalle magre e il silenzio assoluto intorno a lui. L'elfo, dal suo angolo, lasciò andare un sospiro di sollievo e pensò che, forse, era arrivato il momento giusto per intervenire, ma non riuscì nemmeno a inalare nuova aria per aprir bocca che l'altro, come colto da una nuova furia, si fiondò fuori dalla stanza a passo spedito, proseguendo di gran lena lungo il corridoio che l'avrebbe portato ai "piani alti", dove vari studenti bazzicavano allegramente, solo blandamente tenuti d'occhio dagli insegnanti.
L'elfo, rimasto solo, scosse la testa affranto.

. . .

Piton sperò di non incontrare nessuno lungo la strada che attraversava il castello fino allo studio del preside: ebbe fortuna. Le voci degli abitanti di Hogwarts gli arrivavano lontane e ovattate, insieme alle risate degli studenti più giovani, così che, per un attimo, si concesse di cedere alla strana sensazione agrodolce di calma e solitudine che spesso lo coglieva mentre camminava per gli ampi corridoi.

L'ardore e l'angoscia che trapelavano dai suoi occhi si acquietarono e solo allora, con esasperante sforzo, rallentò il passo, lasciando che i suoi lineamenti si distendessero per andare a formare la maschera impassibile che si era costruito negli anni; Tanto che, il Severus Piton che giunse all'ingresso dello studio del preside, era di nuovo il rigido e altero professore di pozioni che Hogwarts conosceva: celato dietro la sua falsa compostezza, la maschera, l'uomo fasullo che presentava al mondo per nascondere i suoi tormenti e il suo dolore.
Il Gargoyle si fece da parte appena pronunciata la parola d'ordine e Piton salì la scala chiocciola frettolosamente, aprendo la pesante porta in legno dello studio quasi di scatto, senza curarsi di aspettare di essere invitato a entrare.

"Ah, Severus" mormorò l'uomo dietro lascrivania, sorridendo lui "hai fatto presto vedo! Vieni avanti, siedi!".
C'era qualcosa di innaturale nella calma di Albus Silente, nel suo tono gentile e nei suoi occhi azzurri sempre vigili e attenti. Qualcosa che andava al di là della potenza del mago e che Severus non avrebbe mai capito.
"La ragazza sarà qui tra pochi istanti, Severus".
"Silente, dobbiamo parlare. Credo di non essere in grado. Dopo tutti questi anni..."
"Mio caro ragazzo!" lo interruppe il preside "Credevo che avessimo già discusso di questo punto; la ragazza ha bisogno di qualcuno che la guidi, lei come gli altri tre giovani e tu sai meglio di me che il compito della sua protezione ed educazione può essere affidato solo a te."

La smorfia di Piton si fece indolente e i lineamenti tesi fecero un guizzo nervoso "Ma non posso farlo Albus, non capisci?" ribatté subito aspro, quasi insofferente nei confronti del mago.
"E perché mai?" chiese ingenuamente il preside, guardandolo sfacciatamente negli occhi.
Severus strinse le labbra, livido di rabbia, infastidito di dover ripetere per l'ennesima volta le sue ragioni.
"Lo sai, Albus" sputò infine tra i denti, davanti al silenzio ostinato dell'altro, passando coscientemente al nome "è una ragazzina, non ci so fare. Non ho più nemmeno avuto amiche dopo..." esalò un verso spezzato, in difficoltà e il preside capì che cosa intendesse con quello sproloquio e alzò le sopracciglia stupito, aprendosi poi in un sorriso più dolce.

"Lily, Severus? È lei di cui temi il ricordo? Comprensibile, certo."mormorò a bassa voce "ma mio caro ragazzo, la bambina in questione è profondamente diversa dalla tua amica d'infanzia, sono certo che te ne renderai conto anche tu! E poi prenderti cura di qualcuno ti farà bene, vedrai. Stai troppo solo Severus."
Il silenzio li avvolse entrambi e per un lungo istante, nella stanza, si sentì solo il ronzio sommesso dei numerosi oggetti argentei che li circondavano e il tubare discreto di Fanny, che li ignorava, beccando pigra del mangime.
Severus, ancora in piedi di fronte alla scrivania, scrutò l'anziano con occhi pieni di terrore, silenziosamente infastidito dal suo sguardo serafico.

"Come fai ad avere fiducia in me?" soffiò infine, arreso.
"Mi sembrava di averti fatto capire che ho estrema fiducia in te,Severus" sorrise Silente "e i motivi li conosciamo perfettamente entrambi"
Unì la punta delle dita, ricambiando assorto lo sguardo di Piton che, in risposta, fece una smorfia disgustata appena trattenuta, prima di sospirare pesantemente, con stanchezza.
"Non sto parlando del mio rapporto di fiducia con te, Albus" ammise mesto "sto parlando della ragazza! Come posso affrontare una prova del genere? Sono solo da anni e mi va bene così. Sai cosa succede quando ti abitui troppo alla solitudine? Non sai più vivere con gli altri. Non ti ho mostrato ciò che provo? Non capisci? Non posso prendermi cura di qualcuno quando ho faticato per anni alla ricerca di un equilibrio per me stesso".
"Il tuo pensiero mi addolora Severus, qualche anno fa mi avresti pregato. Mi hai pregato in effetti."

Il giovane alzò ancora una volta lo sguardo e i suoi occhi neri fremevano, l'espressione del volto contratta e disgustata.
"Qualche anno fa, Albus. Quando cercavo ancora qualcosa che tu mi hai tolto." disse gelido e Silente parve improvvisamente colpito da quelle parole e chiuse gli occhi, sembrando, per un breve momento, fragile e incerto.
"Severus, sai bene che determinate scelte erano necessarie, tu stesso lo hai compreso"
Piton rimase in silenzio, ma una lacrima solcò, bruciante, il suo volto pallido, come una risposta netta e limpida, mentre i ricordi gli si affollavano nella mente irruenti e la furia lo travolgeva: inaspettata, potente, distruttrice, tanto da far uscire lui le parole in un urlo.

"Non voglio prendermi cura di nessuno, la ragazza troverà qualcun altro, Lupin può prenderla con sé! Ma io non voglio caricarmi di questo fardello! E la mia volontà Silente? Ha qualche valore? Non merito altri ostacoli nella mia vita."
Si era avvicinato pericolosamente alla scrivania, il petto che si alzava e si abbassava affannosamente, le mani che tremavano, gli occhi liquidi e feriti, ma Silente rimase tranquillo e lo squadrò con calma invidiabile, senza muovere un muscolo, attraverso gli occhialini dorati.
A Severus, ora anche lui immobile e in preda ai suoi tormenti, parve che lo sguardo chiaro del preside potesse leggergli dentro e scavare nella sua anima e deglutì lentamente, a disagio sotto quel silenzioso giudizio, con l'orribile sensazione di aver deluso il vecchio amico.

"Tu hai paura di affezionarti a qualcuno Severus." disse Albus, inspirando lentamente aria dal naso, la voce straordinariamente tranquilla "Hai paura perché l'amore ti ha ferito, ma fidati di un vecchio: è anche la migliore cura. Non credo però sia opportuno parlarne ora, la ragazza è qui fuori e temo ci stia ascoltando."
Severus sbiancò, solo e spaventato, nemmeno lontanamente simile allo scaltro, cinico e sarcastico professor Piton che conosceva la scuola. Immobile di fronte al preside, fragile; per un brevissimo attimo, venne colto da un profondo panico. Guardò la figura di Silente con aria smarrita. Aiutami. Sembrava gridare in cerca di un muto supporto, ma l'anziano professore, pur non staccando gli occhi dai quelli scuri dell'uomo di fronte a lui, ignorò la sua richiesta e disse ad alta voce: "Emma, vieni pure."

Il cuore di Piton perse un battito e lo smarrimento lasciò spazio a un'autentica emozione, mentre le lacrime che non ricordava più come versare sembravano lambirgli gli occhi. Li chiuse per un istante e si voltò con lentezza in preda a sentimenti che non conosceva, né sapeva gestire.
La ragazza, la bambina se fosse stata un maschio sarebbe stato più facile, forse.
Severus sapeva che non avrebbe retto una ragazzina babbana con l'entusiasmo che aveva avuto la sua amica di infanzia. Non di nuovo. Non ci teneva a ripetere la storia, nemmeno per una sorta di strano riscatto e sperava con tutto sé stesso, che se doveva passare tanto tempo con lei, la bambina si rivelasse completamente diversa dall'unica amica che lui avesse mai avuto.

Il terrore di trovarsi davanti al ricordo di Lily lo fece tremare per un istante, ma svanì anche quella sensazione quando infine la vide: Emma O'Shea entrò con lo sguardo fisso a terra quasi temesse il confronto con quella stanza.
Era più piccola e magra di quanto il mago si fosse immaginato e teneva le mani nervosamente affondate nella tasca davanti di una felpa babbana color blu notte, forse troppo grande per lei. I capelli lunghi e mossi, con qualche ricciolo meglio definito e ribelle, erano mollemente adagiati sulla spalla sinistra, una frangia scomposta di piccoli boccoli sulla fronte. Lunghi e mossi, ma non rossi. Con sollievo Severus notò come non fossero il fuoco che aveva temuto di vedere, ma erano biondi, anche se con venature e sfumature ramate che gli fecero sanguinare il cuore.

Quando la ragazza alzò infine il viso Severus ne scorse i tratti: era bella, di una bellezza semplice e pulita, con lineamenti morbidi e regolari, il naso, leggermente arrotondato, decorato da minuscole lentiggini, le labbra piene inclinate in un sorriso gentile. Aveva guance leggermente arrossate, sopracciglia ben disegnate e ciglia fini...
L'uomo sospirò leggermente, temendo il confronto con i suoi occhi.
Una ragazza. Una bambina.

Alzò lo sguardo e gli occhi neri incontrarono quelli di lei.
Quanto gli era sembrata fragile? Ora no.
Ora lei ricambiava il suo sguardo ferma, calma, curiosa.
Severus sentì il battito del suo cuore aumentare.
Gli occhi di lei non erano verdi. Il verde si era mischiato con il nero. I suoi occhi erano del colore del sottobosco, il colore brullo delle foreste. Non erano simili agli occhi di Lily, non erano quelli del figlio di lei, Harry... erano altri occhi, mischiati con il verde più chiaro e l'ombra più scura.

Severus comprese le parole di Silente.
Profondamente diversa.
Questo era il nuovo inizio.

*Angolo Autrice*


Ciao Lettori! 
Grazie per essere arrivati fin qui e benvenuti.
Prima volta che approdo su Wattpad.
Tengo molto a questo racconto e se avrete voglia di seguirmi in questo viaggio, vi renderete conto come della storia originale non cambia quasi nulla (Saranno i nostri binari del treno), ma racconterò molto del non detto e le parti in ombra. è una storia lenta, dolce e dolorosa, che cresce con i personaggi man mano. Dovrete forse avere pazienza nei primi capitoli in cui si racconta molto e in un capitolo più avanti dove appariranno nuovi personaggi, ma  chi ha già letto si è lentamente affezionato a loro e al loro modo di intrecciarsi al racconto Canon.
Sono curiosa di leggere i vostri commenti
Credo di pubblicare 2/3 volte a settimana.
A presto
vi

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