.Marchio nero.

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Emma, completamente vestita, stava stesa sul letto della stanza che solitamente occupava quando si fermava a dormire al Manor e che la sera prima Narcissa le aveva indicato come tutte le altre volte, dopo aver aggiunto alcuni incantesimi protettivi. Era immobile e a occhi chiusi, mentre respirava a fondo, massaggiandosi lentamente le tempie nel tentativo di riordinare i pensieri.
Quello poteva considerarsi decisamente il peggior risveglio natalizio della storia. Era da sola, senza nessun regalo ad attenderla e con una sorda angoscia che la metteva in allerta.

Avvolta dalle tenui pareti crema e l'arredamento dalle linee semplici ed eleganti, vuoto ed essenziale, l'emoor sentiva sempre più la mancanza dei suoi amici. Avrebbe dato qualunque cosa per poter festeggiare quella giornata nel caldo caos della Tana, o tra le mura ben conosciute di Hogwarts con Lilith, James e gli altri emoor. Invece si trovava in quel maniero scuro, in completa solitudine e nell'angosciante attesa di essere chiamata nuovamente dall'Oscuro Signore e messa a giudizio.

Quando il giorno prima Voldemort era tornato al Manor, con una furia tale che aveva fatto tremare le pareti del posto, Emma aveva temuto a lungo di essere richiamata nella stanza principale e quasi con disperazione aveva aumentato le protezioni della sua mente, spingendo l'Occlumanzia al limite.

Con stupore della ragazza, però, il mago non l'aveva richiesta e lei era semplicemente rimasta chiusa nella sua stanza per precauzione, cenando, completamente sola, con quel che le avevano portato gli elfi su ordine di Narcissa. L'unica breve visita era stata di Severus, che l'aveva tranquillizzata con poche e veloci parole e poi ovviamente Draco, che entrava e usciva dalla stanza appena poteva.

*

"Stai bene?" chiese Piton , di nuovo vestito di tutto punto e tirato a lucido.
Era pallido e stanco, ma almeno sembrava essersi ripreso dalle Cruciatus e osservava la protetta con freddo distacco, gli occhi spenti e i capelli divisi in bande che sembravano allungare il viso giallognolo dai lineamenti marcati.
"Dovrei essere io a chiederlo a te" mormorò l'emoor contrita.
"Sto bene" rispose secco l'uomo.

Tra di loro c'era una tensione strana. Entrambi avrebbero probabilmente voluto buttarsi nelle braccia dell'altro, per controllare che tutto fosse a posto e che l'affetto che aveva spinto Emma a pregare Voldemort perché risparmiasse il tutore fosse ancora lì, appena dietro il cuore, ma rimanevano a una curiosa distanza, rispettosi dello spazio dell'altro, studiandosi attenti.
"Mi dispiace." sussurrò l'emoor e non sapeva nemmeno lei di cosa.
Forse di aver perso il controllo, forse di aver parlato Serpentese, forse di aver pregato Voldemort e messo in mostra, in una volta sola, tutte le sue debolezze.

"Non ti dispiacere, ne parliamo in un altro momento. Ora devo andare da Lui" rispose cauto Severus, ma tutto il linguaggio del suo corpo, proteso verso di lei, sembrava dire il contrario, svelando quanto non volesse lasciare quella stanza.
Emma si sentì improvvisamente sola e triste e si limitò ad annuire, stringendosi le mani in grembo, mentre si sedeva sull'ampio letto, le gambe a penzoloni, che dondolavano pigre nel vuoto. Sembrava una bimba dimenticata.
"Tu... Hai bisogno di qualcosa?" chiese il professore, con voce spezzata, come se si rendesse conto del suo dolore, ma non sapesse come affrontarlo.
Lei scosse solo il capo, lo sguardo ai piedi e Piton serrò le labbra, indeciso.

"Emma, Lui ha visto qualcosa che non avrebbe dovuto nella tua mente?"
Di nuovo l'emoor negò, sentiva il bisogno di essere abbracciata, ma non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce, soprattutto non con Severus.
"Bene" disse l'uomo, dondolando sui talloni "L'hai bloccato?"
La ragazza scosse per l'ennesima volta il capo, rialzando lo sguardo sul tutore.
"Gli ho mostrato il superfluo" sussurrò, vedendo una scintilla di sorpresa nello sguardo scuro di lui.
"Bene" rispose di nuovo Piton, voltandosi poi verso l'uscita.

"Sev?" lo chiamò Emma incerta e lui si girò a guardarla e attese che parlasse, un sopracciglio leggermente inarcato "Possiamo tornare a casa? Per favore"
"Intendi a casa-casa?" chiese l'uomo perplesso, riferendosi a dove lei era cresciuta con i suoi genitori.
"No. Intendo Casa." sussurrò l'emoor "Intendo Spinner's End"

Gli occhi di Piton si allargarono appena e si fecero liquidi di commozione per un istante, forse nel sentire che quella ragazza, che cercava di proteggere da troppo, ormai considerava le vecchie pareti della sua abitazione come la sua casa, nonostante tutto quello che era successo tra loro. Un guizzo di tenerezza gli stirò le labbra in un mezzo sorriso piuttosto fragile e contratto.
"No, Emma. Mi dispiace, ma non possiamo tornare a casa" sussurrò solo, prima di uscire velocemente dalla porta della stanza, facendo svolazzare il nero mantello, ma la Corvonero, per qualche motivo sentì il cuore più leggero.

Le Ombre di HogwartsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora