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𝗂𝗇 𝗎𝗇 𝗆𝖺𝗋𝖾 𝖽𝗂 𝗀𝗂𝗈𝗋𝗇𝗂 𝖿𝖾𝗅𝗂𝖼𝗂, 𝖺𝗇𝗇𝖾𝗀𝖺 𝗅𝖺 𝗆𝗂𝖺 𝗆𝖾𝗇𝗍𝖾.
TW: AUTOLESIONISMO
Erano le quattro del mattino quando San spense, finalmente, il cellulare e si mise accanto a Wooyoung per dormire.
Le ore precedenti le aveva passate facendo ricerche su internet per capirne qualcosa di più sull'autolesionismo. Insomma, cosa fosse nello specifico, come coglierne i segnali, come poter aiutare le persone che ne soffrono. Il passato non si poteva cancellare, e nemmeno le cicatrici che portava sulle braccia, però poteva impedirne la creazione di nuove, cambiando il suo futuro.
Rimase qualche attimo a guardare il ragazzo addormentato e a pensare a quanto potesse aver sofferto. Da quel momento, se Wooyoung fosse stato male, lui ci sarebbe stato. Avrebbe asciugato le sue lacrime, baciato le sue ferite, protetto la sua felicità, colmato i suoi vuoti e curato i suoi dolori. Per qualsiasi, qualsiasi cosa, San l'avrebbe ascoltato.
Vide le sue cicatrici e si sentì improvvisamente solo. Le fissava e pareva che attorno a lui non vi fosse nulla, se non buio. C'erano solo i suoi occhi stanchi e rossi e i bianchi segni del ragazzo. Limitrofo c'era solo il nero totale. Insomma, nuvole di pensieri, angosce, paure e paranoie. I pensieri erano come scarabocchi nella sua testa, quelli che si fanno a lato del quaderno quando non vale la pena di seguire una lezione, e questi diventavano sempre più invadenti e faticosi da sopportare. Successe tutto in qualche manciata di minuti, eppure San stava impazzendo nel provare a comprendere.
E la cosa peggiore era che, quel senso di vuoto e, allo stesso tempo, di pesantezza che si impossessavano di lui nel guardarlo non erano nulla in confronto a ciò che aveva provato Wooyoung per anni. Stava male, ma male per davvero non come quando si finge, non come quando il male è passeggero e passa con una lunga dormita. No, lui faceva una lunga dormita sperando poi di non svegliarsi. E invece si svegliava. Si svegliava e continuava la sua cazzo di vita da ragazzino di quattordici anni come se nulla fosse, perché è anche questo ciò che fanno le persone che stanno male: vivono. Anzi no, sopravvivono. Si, in conclusione tirano avanti.
A scuola nessuno se ne accorgeva: aveva gli occhi gonfi e diceva d'esser stanco perché aveva dormito poco per guardare un film o studiare; aveva le maniche lunghe anche a maggio e diceva di avere sempre freddo; scappava in bagno e scoppiava a piangere e diceva semplicemente di aver preso un brutto voto.