Il tempo si fermò nella casa di Wooyoung. E, a dire il vero sembrava che si fosse fermato nel Medioevo.
I due adulti parlavano, urlavano, lanciavano oggetti contro il pavimento e contro il muro, lo insultavano e lui se ne stava zitto come se avesse le orecchie ovattate, come se fosse in una realtà a parte, come se si stesse distaccando dal mondo e da sé stesso.
Credeva che avessero superato quella fase quando gli avevano dato il permesso di tornare nuovamente a casa, lo credeva e si sbagliava. Pensava, o meglio sperava, che i loro complessi fossero stati superati e non si aspettava di certo una reazione del genere, tanto drastica.
«Dove eri? Con chi eri?» aveva chiesto la madre a denti stretti, già sull'orlo di scoppiare in una crisi isterica. «Ti abbiamo visto che ti baciavi con quel ragazzo. Ragazzo maschio.» sottolineava suo padre, alzandosi dal divano. «E quindi?» aveva risposto Woo. «E quindi, cosa?» «Sono gay, lo sapete da anni ormai.»
Quell'ultima frase era bastata per scatenare la fine del mondo tra quelle mura. La donna scoppiò in un pianto disperato urlando e gridando come se stessero uccidendo qualcuno, l'altro, invece, sbraitava insulti e minacce a squarciagola, come se le parole potessero cambiare la realtà dei fatti. «Non comportatevi come se non ve l'avessi mai detto!» ringhiava Wooyoung, difendendosi a tono, «Non è mica una novità!»
E ogni frase pronunciata da quelle persone che, teoricamente, erano coloro che lo avrebbero dovuto amare e supportare di più al mondo, erano un colpo al petto. Un massacro. Il moro incassava, incassava ogni pugno, incassava ogni insulto, incassava ogni parola detta senza peso e senza pensare. Se ne stava fermo in mezzo alla stanza cercando di spegnere il cervello e sconnettersi da quella lapidazione, cercava di smettere di ascoltare e concentrarsi su altro eppure, eppure ogni tentativo era fallimentare.
Si prendeva dritto in faccia tutto ciò che dicevano e ogni secondo in più che passava circondato dalla loro voce, era una fitta al cuore che si ampliava, una coltellata nella pancia che veniva spinta sempre più in profondità, un taglio sulla pelle dal quale sgorgava sotto i suoi occhi stanchi sempre più sangue. Si prendeva dritto in faccia tutto ciò che dicevano e ogni volta che qualcuno alzava un braccio per lanciare un piatto si sentiva svenire, il boato della ceramica a terra lo faceva tremare e i pezzi sparsi per la cucina erano la perfetta rappresentazione di tutto il suo lungo percorso che aveva affrontato per amarsi e accertarsi a pieno: distrutto.