Capitolo 5

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Silenzio. È l'unica cosa che percepisco nell'ufficio, interrotto solo dal rumore dei pulsanti che digito sulla tastiera.
Mi isolo dal mondo circostante, pensando solo al lavoro che devo portare a termine, fino a che il rumore di un peso corporeo che si appoggia sulla mia scrivania, non interrompe quello che stavo facendo.
-potresti gentilmente scendere?-chiedo a mo di riprovero a quell'uomo che ormai era diventato la mia ombra. Dovunque andassi lui era sempre accanto a me e tutto ciò a causa di quello stupido patto.
-ma io sono comodo qui-
Gli lancio un occhiataccia, esprimendo tutto il mio disappunto e decido di ignorarlo, continuando a lavorare.
-ho una sorpresa per te-mi interrompe, facendomi un sorriso e sistemandosi meglio i capelli dentro il cappellino che aveva indossato.
Lo osservo meglio e noto che il berretto è di colore giallo, abbinato a dei calzini dello stesso colore.
Scoppio a ridere, è la prima volta che lo vedo indossare questi indumenti.
Di solito si veste con il solito completo da lavoro e con qualche vestito casual per le uscite, ma mai gli ho visto indossare questo colore.
-perché ridi?-
-sembri un canarino, vestito di giallo. Da quando indossi sto colore?-
Fa spallucce-è da quando ho toccato il suolo americano che ho deciso di esprimere il vero me stesso. Prima non potevo farlo perché, non potevo di certo dare una brutta immagine dell'azienda-minima l'ultima frase con disgusto-ma adesso qui non c'e piu nessuno che possa dirmi cosa posso o non posso fare,quindi ho intenzione di comportarmi come mi pare e di vestirmi come mi gira. Se domani mattina avessi voglia di indossare un completo tutto rosa, be allora lo farei-
Nei suoi occhi appaiono delle ombre che ormai ho imparato a riconoscere ogni volta che lui nomina i suoi genitori.
Tramite un solo sguardo percepisco il dolore che ha provato per tutta la vita, a cause delle due figure che avrebbero dovuto aiutarlo a spiccare il volo e che invece l'hanno rinchiuso in una gabbia d'orata.
In un certo senso le nostre storie sono molto simili, con la differenza che i miei genitori invece di tarparmi le ali, hanno direttamente fatto finta che non esistessi, fregandosene di tutto ciò che mi riguardasse.

-non penso che il capo né sarebbe molto contento in quel caso-sdrammatizzo, riferendomi alla sua idea di presentarsi l'indomani con un completo rosa-comunque quale sarebbe la sorpresa?-
Si alza finalmente della scrivania, per rovistare nel suo zaino e tirare fuori un contenitore da cui proviene un delizioso profumino che mi fa immediatamente brontolare lo stomaco.
-ti avevo promesso che ti avrei preparato un piatto tipico tailandese ed eccolo qui, questo è il pad thai ovvero un piatto di noodles cucinato con verdure, uova, carne, pesce e tofu-
-mm mi ispira un sacco-faccio per prendere il contenitore con dentro il mio pranzo, quando lui lo sposta, nascondendoselo dietro le braccia.
-non così in fretta, prima voglio che mi dici cosa facciamo stasera-
Alzo gli occhi al cielo, ho gia capito dove vuole arrivare.
Da quando abbiamo stretto "il patto" l'ho portato praticamente ovunque: dai diversi ristoranti etnici, ai pub dove si può ascoltare musica dal vivo, alle migliori attrazioni della città e persino a Central Park, dove gli ho fatto provare per la prima volta a fumarsi una canna, nello stesso posto dove avevo portato Ryan tanti mesi prima, ridendo dei suoi attacchi di tosse durante i suoi primi tiri.
Ma sapevo che ciò che lui più stava aspettando e che lo portassi nei migliori locali per rimorchiare, cosa che io stavo rimandando il più possibile, anche se io stesso non ne capivo bene il motivo.

-mm va bene ti porto in una discoteca gay, ora però dammi il mio cibo-acconsento riluttante allungando le mani per accaparrarmi il mio pasto.
-tutto tuo-mi consegna il contenitore che io prendo subito in mano affamato-ti avviso che è piccante, spero che tu riesca a sopportarlo, da noi è quasi impossibile trovare piatti che non lo siano-
-non ho problemi-
-comunque si dice: Khob Khun Khrab-
Gli rispondo con una faccia perplessa.
-significa grazie in tailandese-
-mm allora grazie Titty-lo prendo in giro, riferendomi nuovamente ai suoi indumenti gialli,mentre nel frattempo gli sorrido, accarezzandogli la testa.
Gesto che spiazza entrambi, lui perché non è abituato ai miei gesti d'affetto, io perché non so cosa mi sia preso per toccarlo in quel modo affettuoso.
Cambio argomento cercando di smorzare l'imbarazzo-ma stasera hai intenzione di rimorchiare con quel cappellino?-
-mi devono entrare nel culo, non nel cappello-mi fa l'occhiolino, facendomi avvampare e alzare gli occhi al cielo esasperato nello stesso tempo.

Don't leave me aloneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora