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Enea corse a perdifiato fino al promontorio, dove si fermò a respirare quell'odore che tanto lo calmava.

Caleb durante gli allenamenti a volte poteva essere duro, ma mai lo aveva visto arrabbiarsi in quel modo. Per l'ennesima volta si sentì sbagliato, come se nonostante i suoi sforzi non riuscisse a combinarne una giusta.

Degli odori non definiti gli pervasero le narici, erano vicini ma deboli, non potevano essere di qualche alpha, probabilmente dei beta, tre o forse quattro. Non ebbe il tempo di riuscire a formulare una strategia che tre uomini gli furono addosso. Cerco di mettere in pratica gli insegnamenti di Caleb, con una spinta dal basso verso l'altro del braccio riuscì a spaccare il naso di uno, ma mentre provava ad atterrarne un altro, venne trattenuto per le braccia. Cercava di divincolarsi con tutte le sue forze, il tipo col naso rotto si alzò da terra e gli sferrò un pugno allo stomaco.
Per qualche secondo ad Enea mancò l'aria nei polmoni. Il dolore era forte, ma nonostante tutto provò ancora a liberarsi da quella presa, ma erano in troppi, e dopo qualche secondo sentì un altro dolore alla nuca e poi il buio.

Aprì gli occhi leggermente ma la sua vista era appannata. Gli faceva male tutto il corpo, soprattutto lo stomaco e la testa. Non appena gli occhi si furono abituati capì subito di essere in una specie di carrozza malandata. Provò a muoversi ma delle corde strette intorno ai polsi e ai piedi glielo impedirono.

- Non puoi andare da nessuna parte.

Enea si voltò verso quella voce e vide un uomo sul metro e ottanta, capelli e occhi scuri, con una orrenda cicatrice che dal sopracciglio arrivava fino alla mascella. Sentiva il suo odore come di legna bruciata, ma non era forte, doveva essere uno di quei beta.

- Dove mi state portando? Che volete da me? Urlò a pieni polmoni.

Il beta con uno scatto gli mollò un cazzotto sulla guancia. Enea sentì il sapore metallico del sangue che sputò subito a terra.

- Datti una calmata omega, o sarò costretto a imbavagliarti.

A Enea veniva da piangere, ma non voleva dare a quel beta la soddisfazione di vederlo debole.

- Cosa volte da me? Chiese di nuovo, con tono sicuro.

- Io non voglio niente, ma il mio capo branco sì.

Chi diavolo era il suo capo, e cosa poteva volere da lui?

Poi si ricordò le parole di Nana, cioè che molti volevano gli omega maschi come fossero una sorta di trofeo. Quell'idea gli gelò il sangue.

Aveva paura, paura di quello che gli avrebbero potuto fare, paura di non poter riuscire più a vedere i suoi genitori, il branco, Caleb... e Nick.

In quel momento sperava di svegliarsi da quell'incubo e di trovarsi alla radura, a correre sotto forma di lupo con Nick, o a battibeccchare tra le risate con Caleb. Ma quello non era un incubo e probabilmente quelle cose non avrebbe più potuto farle.

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