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La carrozza si fermò di colpo. Enea sentì il rumore degli zoccoli e il nitrire dei cavalli. Il beta si alzò, tirò fuori un pezzo di stoffa dalla tasca e lo bendò.

L'omega sentiva il cuore che gli pompava nel petto come impazzito, quando il beta lo alzò di peso per metterlo in piedi, per un attimo quasi cadde a terra, le sue gambe tremavano senza forze.

Poi un altro uomo lo tenne dall'altro braccio, sentiva i passi dei tre beta, uno d'avanti a loro e gli altri due che lo trascinavano.

Il percorso che fecero prima era all'esterno, perché il vento gli soffiava sulla pelle, probabilmente era già notte perché non gli sembrò ci fosse il sole.

Sentì un forte cigolio e subito dopo un grande tanfo di muffa, umidità e altri odori nauseabondi, che gli fecero salire un conato di vomito, che trattenne a stento.

Venne trascinato prima per delle scale e poi in linea retta per un tempo che non riuscì a calcolare. Tutti i suoi sensi erano in tilt, la testa gli pulsava come se stesse per esplodere da un momento all'altro.

Poi un forte rumore metallico e subito dopo venne spinto con forza dai due beta. Sbattè il viso e le ginocchia su una superficie dura, che gli sembrò pietra o qualcosa di simile. Poi di nuovo quel rumore metallico.

Alzò la testa cercando di capire dove fosse, ma era ancora bendato.
Annussò l'aria ma c'erano troppi odori.

Anche se non riusciva a vedere capì che non era solo, c'era qualcun'altro, anzi più di una persona.

- Aspetta, ora ti slego. Qualcuno gli disse con un tono quasi rassicurante.

Prima gli slegarono i piedi, poi le mani e infine gli tolsero la benda.

Una leggera luce gli colpì le retine facendogli chiudere di nuovo gli occhi per qualche secondo.

Una volta riaperti si guardò intorno, era in una cella minuscola e insieme a lui c'erano altri due ragazzi, che a prima vista sembravano poco più grandi di lui.

Uno aveva i capelli biondi e lunghi fino alle spalle, occhi di un azzurro talmente chiaro che li facevano sembrare quasi senza vita. L'altro invece, aveva i cappelli cortissimi e quasi neri, con degli occhi castani che continuavano a fissarlo.

Entrambi erano sporchi e con i vestiti a brandelli. Annusò di nuovo l'aria per cercare di sentire i loro odori e quindi la loro appartenenza. Ma ne captò solo uno, leggero, ma molto dolce, sembrava l'odore dei biscotti alla cannella che preparava sua madre. Non poteva essere un alpha, troppo dolce, ma era troppo dolce anche per essere un beta.

- C-chi siete? Chiese cercando di mettersi il più lontano possibile.

- Io sono Angel e lui è Jacob disse quello dai capelli corti.

- Dove siamo?

- Non lo sappiamo. Noi siamo qui da un po', ma non so da quanti giorni, qui non arriva la luce del sole quindi non riusciamo a capirlo. Parlò di nuovo il castano.

Enea continuava a guardarsi intorno, gli sembrava di essere in uno degli incubi peggiori che avesse mai avuto.

- Sei un omega anche tu? Gli chiese questa volta Il biondo.

- Sì.... perché anche voi? Chiese Enea incredulo.

I due ragazzi annuirono tristemente.

- Per questo sentivo questo odore così dolce. Disse Enea quasi parlando con se stesso.

- Sì, quando mi hanno preso mancavano due giorno al mio diciottesimo compleanno. Disse il biondo, mentre si mordere le labbra.

Angel gli appoggiò una mano sulla spalla per consolarlo.

- Io credevo che gli omega maschi fossimo rari.

- È così, noi due siamo gli unici nel nostro branco, e il nostro branco è molto molto grande. Disse l'omega dai capelli scuri.

- Da dove venite?

- Il nostro branco si trova ai piedi del monte Elios, probabilmente saremo venti o trentamila lupi. Non so dove ci troviamo, ma credo che abbiamo viaggiato per più di una settimana.

Enea rimase in silenzio, non conosceva il nome di quel monte, ne tanto meno sapeva di branchi così numerosi.
Ma poi pensò che in effetti lui non sapeva niente di quello che c'era oltre i confini del suo villaggio.

- Cosa vogliono da noi? Chiese il rosso quasi urlando.

- Non lo sappiamo. Ci portano acqua e della roba che dovrebbe essere cibo, una volta al giorno, ma non ci parlano e non rispondono alle nostre domande. Non chiediamo più. Disse con la voce spezzata dal pianto l'omega biondo.

Anche a Enea veniva da piangere, si stava trattenendo con tutte le sue forze, perché non voleva cedere al peso della disperazione.

In quel momento avrebbe tanto voluto sentire il profumo della salsedine o quello di sandalo di Nick.

L'omegaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora