Capitolo 27.

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"Cecilia, ma quello è il tuo cellulare?" domandò perplesso Gio, accovacciandosi a terra per poi porgermi il mio cellulare, fortunatamente ancora intatto. 

Lo ringraziai entusiasta e mi assicurai di mettere il cellulare al sicuro all'interno della mia pochette.

"Non mi aspettavo di incontrarvi qui, insieme" intervenne Can, scandendo ogni parola con tono risentito.

Sembrava irrequieto, come se l'arrivo di Gio avesse completamente spazzato via il suo buonumore.

Stavo per rispondere, puntualizzando che stavamo semplicemente aspettando gli altri, quando Giovanni mi precedette. 

"Neanche noi ci aspettavamo di trovarti qui al Lux. Sei sempre in giro per il Paese, è difficile rintracciarti"

"Aron voleva tornare a Nairobi per il week-end" spiegò Can, senza scomporsi.

"Aron è qui?" scattai entusiasta, guardandomi intorno alla ricerca di due occhi azzurri e di una massa di ricci biondi. 

"Sì" confermò Can "E' andato a ballare in pista con una ragazza"

"Tipico di Aron" ammisi con un sorriso rassegnato e Can scoppiò a ridere a sua volta. 

"Come procede il documentario?" domandai, sinceramente interessata all'argomento.

Nonostante io e Can faticassimo a comprenderci, non potevo far a meno di apprezzare il lavoro che stava facendo per l'intera comunità del Kenya. 

Avevo sempre apprezzato il suo tentativo di dare una svolta alla gerarchia di cui era vittima Nairobi, la quale continuava a subire un divario enorme tra chi beneficiava del lusso più estremo, e chi era costretto a patire la fame per giorni, prima di riuscire a mangiare un mozzico di pane. 

Nel mio piccolo, con l'ambulatorio e le visite gratuite che offrivamo alle donne del posto, sentivo di poter essere utile anch'io, ma a volte mi sembrava di non fare abbastanza. 

"Procede bene. Il lavoro è lungo e il materiale da raccogliere è davvero tanto, ogni testimonianza è preziosissima. Mi sento fortunato a poter collaborare con Aja e Aron, è solo grazie a loro se riesco a incontrare tante persone disposte a metterci la faccia, pur di vedere un cambiamento nella loro società" spiegò Can e i suoi occhi si illuminarono "A dire il vero, Cecilia, se decidessi di unirti a noi ne sarei davvero felice"

Quella sua dichiarazione mi lasciò completamente spaesata e, istintivamente, percepii i miei muscoli irrigidirsi e mettersi sulla difensiva.

Fino a due settimane fa mi aveva palesemente rivelato che il suo unico intento di avvicinarsi a me era per la posizione sociale della mia famiglia a Londra, che avrebbe sicuramente agevolato la diffusione del suo documentario una volta terminato.

Più volte mi aveva urlato contro il suo disprezzo nei miei confronti per un passato di cui ero vittima da anni, e adesso mi proponeva di collaborare con lui?

"Non è fattibile, Yaman" intervenne Gio nervoso, guardandolo torvo "Siamo a corto di personale in ambulatorio. C'è già Aron con te, Cecilia non può venire"

Nonostante il ragionamento di Giovanni fosse giusto, mi diede fastidio il modo in cui aveva risposto al mio posto, eclissandomi completamente.

Eravamo amici e colleghi, ma non aveva alcun diritto di rubarmi la parola. 

Gli posai la mano sul braccio nel tentativo di calmarlo e, all'istante, i suoi occhi azzurri si posarono su di me.

"Sei stato tu a cacciarmi, Can" spiegai risentita e notai il giornalista di fronte emettere un flebile sospiro "Mi hai insultata e offesa, pretendendo di conoscere tutto di me, senza mai effettivamente chiedermelo"

Chimera || CanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora