Capitolo 3.

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Quando tornai in cucina, seduti intorno al tavolo, c'erano giù tutti.

Kato, con il nodo della cravatta allentato sul collo, aveva allungato un braccio sulle spalle della figlia e la ascoltava parlare animatamente delle ultime novità successe a scuola.

Anwar, intanto, stava finendo di impiattare le piadine che aveva accuratamente riscaldato e farcito, mentre rispondeva distratto alla raffica di domande che Nala gli poneva.

"Cecilia! Sei arrivata giusto in tempo!" esclamò Kato, sorridendomi caloroso e facendomi segno di prende posto.

Mi sedetti al mio posto e mi lasciai investire dal loro chiacchiericcio fragoroso.

"Ho sentito un buon profumino e non ho saputo resistere" ammisi, e Nala mi lasciò una carezza affettuosa sul dorso della mano.

"Com'è andata la tua giornata, tesoro? Stanotte ti abbiamo sentita mentre uscivi di casa, ci fai sempre preoccupare molto quando esci di corsa nel buio della notte" ammise Nala, versandomi dell'acqua nel bicchiere.

"Purtroppo non esiste un timer per poter impostare la nascita di un bambino, anche se, effettivamente, sarebbe molto comodo!" ammisi e i Kayn scoppiarono a ridere.

"Ah, Cecilia, non prendere impegni per questo sabato sera. L'albo degli avvocati ha organizzato una cena di beneficienza e devi assolutamente esserci anche tu!" intervenne Nala e quella notizia mi destabilizzò notevolmente.

"Un vero e proprio galà!" esclamò entusiasta Adele "Domani dobbiamo andare a fare shopping, Cecilia"

"I nostri colleghi non vedono l'ora di conoscerti" continuò Kato, orgoglioso "Quando hanno saputo che la più brava ostetrica d'Inghilterra fa ormai parte della nostra famiglia per poco non morivano di gelosia!"

Le mie gote assunsero un colorito più roseo di fronte a quei complimenti esageratamente sfarzosi, ma sapevo che ogni mio tentativo di minimizzare il mio lavoro ad una professione qualunque, sarebbe stato puntualmente contrastato con un nuovo complimento.

"Ci saranno anche gli Edet" spiegò Nala, lanciandomi un'occhiata eloquente.

Gli Edet erano la famiglia che ospitava Aron.

Per lo meno avrei avuto un volto familiare al quale aggrapparmi nella marea di volti sconosciuti che quel galà avrebbe messo insieme.

Non era la prima volta che partecipavo a un galà.

Tuttavia, era la prima volta che avrei partecipato a un galà a Nairobi, e potevo già immaginare le occhiate curiose e impertinenti di centinaia di avvocati che, per una sera soltanto, sembravano ricordarsi finalmente della povertà assoluta in cui vivevano i loro stessi concittadini.

"Quindi verrà anche Aron" mi assicurai, e notai il volto di Adele avvampare silenziosamente, mentre Nala annuiva elettrizzata.

Lo squillo del cellulare attirò la mia attenzione e nel notare il nome del ginecologo più fastidioso che conoscessi illuminarsi sul display, non potei far a meno di alzare gli occhi al cielo.

"Parli del diavolo..." borbottai, e Nala e Kato scoppiarono a ridere.

Tuttavia, rifiutai la chiamata e finii di mangiare ciò che era rimasto di quella piadina deliziosa.

Chiunque conosceva Anwar, poteva descriverlo con un difetto diverso, ma nessuno avrebbe mai potuto criticare la sua cucina.

La cucina era l'unico luogo in cui riusciva ad applicarsi veramente.

"Non rispondi?" domandò Adele, impaziente di conoscere il perché Aron mi avesse chiamata.

"Niente cellulari a tavola" ribadì Kato, lanciando un'occhiata ad Adele, ed io non potevo di certo sottrarmi alle regole della famiglia Kayn.

Chimera || CanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora