Capitolo 2.

445 27 4
                                    

Nel quartiere di Upper Hill, circondata da una immensa distesa di verde, occupata per lo più da acacie robuste e fiorenti, si ergeva una schiera di palazzine di recente costruzione.

L'area abitativa e l'immenso cortile che la circondava, erano stati accuratamente confinati da un cancello che veniva scrupolosamente coperto da una schiera di alberi in fiore, segno che l'architetto di quel progetto non aveva lasciato niente al caso.

Tra quei confini, le persone come Akua e Tahir sembravano non esistere affatto.

Era come se la povertà dell'80% delle persone che abitavano Nairobi non fosse un problema di coloro che vivevano ad Upper Hill.

In quel quartiere dall'immutabile bellezza, io e Aron, sudati e con le divise sporche, sembravamo uno sfregio di vernice in un quadro immacolato.

Parcheggiai nel vialetto di casa Kayn, la famiglia che negli ultimi due mesi mi stava ospitando, e aspettai che Aron uscisse dall'auto per chiudere le portiere.

La signora Nala, nonché la moglie del signor Kayn, mi aveva ceduto la sua jeep per tutto il periodo in cui sarei rimasta a Nairobi.

Non era stata mia intenzione privarla di una comodità talmente importante quanto un'auto e avevo insistito più volte, sostenendo di non averne realmente bisogno, ma Nala era cocciuta.

Per lei ero diventata una terza figlia, e il solo pensiero di vedermi uscire di casa di notte, per un'emergenza dell'ultimo minuto, costretta a fermare un taxi o a camminare per strada da sola, rendeva la sua decisione inconfutabile.

"E poi, Anwar e Adele devono fare pratica con la loro auto, quindi li sfrutterò come miei autisti personali con la scusa di farli esercitare" mi rivelò, sorridendomi furba e, presa alla sprovvista da quel calore che quella famiglia continuava a dimostrarmi, la abbracciai stretta, inspirando a pieni polmoni il suo profumo di vaniglia.

I Kayn erano una famiglia benestante che, con il loro stile di vita moderno e anticonformista, si distanziava dalla cultura keniana per avvicinarsi maggiormente all'occidente.

I signori Nala e Kato erano entrambi avvocati, si erano conosciuti in America tra i banchi dell'università e il caso aveva voluto che entrambi fossero originari di Nairobi.

L'amore vero e proprio era sbocciato nello studio dove entrambi erano praticanti.

Il loro lavoro li aveva portati per diverso tempo in giro per gli Stati Uniti, lontano dalla loro madre patria, ma dopo che Nala aveva scoperto di essere incinta, avevano deciso di tornare a Nairobi per stare più vicino alle loro famiglie e per far conoscere le proprie radici ai gemellini che portava in grembo.

I Kayn erano riusciti a farmi sentire a casa in un contesto completamente diverso, come quello che avevo trovato in Kenya.

Nonostante il lavoro di Nala e Kato li obbligava a trascorrere l'intera giornata fuori casa, la loro assenza fisica non corrispondeva, di conseguenza, ad una lontananza emotiva dai propri figli.

E quando rientravano la sera, la prima cosa che facevano era spegnere i cellulari per potersi riunire a cena con Anwar e Adele per ascoltare il resoconto della loro giornata.

Quel momento della giornata era completamente riservato a loro, alla loro famiglia.

Non c'era più spazio per il lavoro, i colleghi o i clienti.

Esistevano solamente Anwar e Adele, e nessun'altro.

Il loro rapporto, così unito, non poteva far altro che ricordarmi della mia famiglia.

Mi mancavano terribilmente, ma sapevo che non era ancora arrivato il momento di tornare nella mia amata Inghilterra.

"Allora, ci vediamo dopo cena?" domandò Aron, afferrando il suo borsone.

Chimera || CanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora