Capitolo 17.

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Non ero mai salita su una moto nell'arco dei miei venticinque anni di vita e la sola idea di doverci salire adesso, di notte, tra le strade trafficate di Nairobi – famose per il loro codice della strada che veniva completamente ignorato dagli automobilisti – mi rendeva terribilmente irrequieta.

Can dovette accorgersene perché, afferrato il casco, con poche falcate mi raggiunse, azzerando qualsiasi distanza.

Con una lentezza disarmante, mi posizionò il casco sulla testa e si assicurò più volte che il laccetto sotto il mento fosse ben stretto e chiuso.

"Mica ti stringe troppo?" domandò apprensivo, squadrandomi con attenzione.

Scossi la testa e, improvvisamente, notai come ogni mio movimento, con il casco, risultasse molto più pesante e complicato da compiere.

"Mi sento un po' ridicola, in realtà" ammisi imbarazzata "Non è giusto che tu hai il casco professionale ed io no"

Can abbozzò un sorriso e si voltò di spalle per raggiungere la moto.

Tuttavia il casco era talmente aderente e compressivo che mi impediva di udire qualsiasi suono che non fosse nelle vicinanze.

Mi affrettai a raggiungerlo, ma intanto Can era già salito in sella alla moto e mi guardava con aria divertita.

"Prima non ti ho sentito, con il caso mi sembra di essere sorda. Che avevi detto?" biascicai con il fiatone e il sorriso di Can sembrò accentuarsi.

Tentennò qualche secondo, indeciso su come rispondere.

Alla fine alzò le spalle e puntò le sue iridi ambrate nelle mie.

"Niente di importante. Dai vieni, siediti dietro di me e poggia i piedi qui sopra"

Cercai involontariamente la sua mano e Can, prontamente, afferrò la mia per aiutarmi a salire sulla moto senza rischiare di perdere l'equilibrio.

"Ai lati del sellino ci sono due sbarre, puoi usarle per tenerti con le mani"

Feci come mi aveva detto e rimasi immobile, paralizzata dalla paura.

"Cecilia?" mi richiamò lui, probabilmente preoccupato dal mio silenzio.

Indossò il suo casco e si voltò per guardarmi, prima di accendere il motore.

"Andrò piano" esordì cauto "Te lo prometto"

Fu come un deja-vù.

Normalmente, quando mi ritrovavo al volante della jeep di Nala, ero abituata a dover rassicurare Aron durante l'intero tragitto.

E adesso, quello scambio di ruoli, non mi piaceva affatto.

Annuii, ma i miei muscoli rimasero tesi.

"Ti fermerai a tutti i semafori rossi?"

"E a ogni singolo semaforo arancione" concordò, con aria solenne.

"E non supererai mai i 70 km/h?"

Un sospiro rassegnato fuoriuscì dalle labbra di Can e con un movimento rapido liberò una ciocca di capelli che mi era rimasta incastrata tra la fronte e il casco.

"D'accordo" acconsentì alla fine "Ma sappi che mi sento molto offeso per la tua scarsa fiducia nei miei confronti"

"Sono seduta sulla tua moto" ribadii, piccata "Sono praticamente nelle tue mani. Se non è fiducia questa!" esclamai retorica e Can abbozzò un sorriso sghembo.

"Touché"

"Sai perché non mi piacciono le moto?" continuai imperterrita, cercando di rimandare il più possibile il momento in cui, inevitabilmente, saremmo partiti.

Chimera || CanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora