Mr. Matthew Johnson doveva aver ferito profondamente mia sorella, perchè rimase rinchiusa in camera per molto tempo. Il medico ci disse che aveva bisogno di molto riposo, ma secondo me era distrutta emotivamente. Nei primi giorni stette malissimo, rifugiata sotto le coperte di flanella di mia madre. Lei sembrava molto preoccupata e lo ero anche io. Cercavo sempre di parlarle con discrezione, ma non mi dava ascolto e deviava subito il discorso non appena nominavo Matthew Johnson.
L'aveva ferita o fatto qualcosa di piuttosto grave per ridurla. In quello stato. E avevo sicuramente intenzione di scoprire che cosa in particolare.
Un mattina piombai in camera sua, senza preavviso e senza aver bussato, cosa che ci ribadisce molto spesso.
-Sorella, posso parlarti?- le chiesi molto ansioso, anche se lo nascondevo divinamente.
-Sì...- bofonchiò ancora sotto le coperte.
Mi sedetti ai suoi piedi molto tranquillamente e composto. La scorsi a malapena tra le elnzuole del letto. I capellli arruffati le nascondevano il viso, ormai tralasciato da un po' di tempo. Di certo però, non glielo avrei mai detto per paura che mi avesse fatto una bella ramanzina stile mamma.
-Volevo parlarti riguardo Mr. Johnson-le comunicai.
Quel cognome la fece rizzare in piedi d'improvviso. Mi squadrò da capo a piedi e si voltò ad ammirare il giardino fuori dalla finestra. Era con le braccia conserte e sembrava parecchio pensierosa e preoccupata allo stesso tempo. Finalmente, dopo minuti interminabili, iniziò a parlare.
-Stefan Johnson?- mi chiese tremolante.
-No. Matthew Johns...-.
-Non azzardarti a finire quel nome, Mark Carrington- mi urlò in preda alla rabbia.
Non l'avevo mai vista così prima d'ora. Era fuori di sè, continuava ad andare avanti e indietro per la stanza, confabulando tra sè e sè. Era persa tra i suoi pensieri, evidentemente molto importanti per lei.
-Non volevo irritarti, sorella. Non era certo mia intenzione. Ma...Volevo chiederti se ti ha fatto qualcosa di sbagliato, o che in qualche modo ti ha ferito-. Dicendo quelle parole, mi avvicinai a lei e le cinsi la spalla, cercando di appoggiarla nella sua piccola crisi.
-Non toccarmi- sbraitò. Era davvero fuori di sè e incontrollabile.
-Jane calmati, ti prego-. Cercai in tutti i modi di rassicurarla ma il nome di Matthew l'aveva fatta andare completamente fuori di testa. Era stato lui a ridurla così. Non potevo fare finta di niente. Ma dato che non avevo prove, dovevo andare dall'unica persona a cui Jane si confidava: Juliet Nelson.
-Vattene via, Mark. Va' via-mi urlava contro come una forsennata. Alzai la mano in alto in segno di arresa e uscii da quella maledetta stanza.
Scesi al piano inferiore e feci preparare una carrozza per anadare a casa Nelson.
-Caro, dove vai?- mia madre mi sorprese sull'uscio della porta.
"Beccato".
-Vado da Mr. Thompson. Non ti preoccupare, madre. Tornerò per l'ora di cena- le rifilai il primo nome che mi venne in mente.
Non le lascia aprire bocca, per cui mi sorrise in lontananza e mi abbozzò un saluto, mentre tornava dentro in aiuto di Jane. Non parlai per tutto il tragitto e il cocchiere non faceva che parlare a vanvera sulla condizione penosa della sua famiglia. Sinceramente, poteva importarmene ben poco. Continuavo a riflettere su come Matthew Johnson avesse potuto influire sulla vita privata di mia sorella. Arrivammo in poco tempo e non appena fui davanti alla porta esitai a bussare. Sapevo che comunque mi avevano udito sin da dentro, ma ero comunque abbastanza teso. L'ultima volta che io e Juliet ci eravamo visti, eravamo sul punto di baciarci. Quindi non era il massimo capitarle in casa all'improvviso. Mi decisi a bussare con una certa determinatezza.
Venne ad aprirmi proprio lei: Miss Nelson.
-Buon pomeriggio, Mr. Carrington. A cosa devo questa gradevole visita?-. La sua voce e il suo aspetto strabiliante mi imbambolarono senza preavviso.
-Mr. Carrington? Si sente bene?-mi chiese preoccupata.
Mi ripresi e molto imbarazzato le spiegai che ero lì per mia sorella e che dovevo assolutamente sapere tutto riguardo a ciò che era successo tra Jane e Matthew. Sbiancò all'improvviso.
-Beh, Mr. Carrington, venga dentro. Dovremmo proprio parlare-. Mi prese per il braccio e mi trascinò sul sofà, dove mi fece accomodare. Fece portare thè e prelibatezze che poche persone potevano permettersi.
Si sedette accanto a me e mi guardò fisso negli occhi. Divenne d'improvviso seria e scura in volto.
-Si metta comodo, perchè non sarà per nulla facile da spiegare-. Ero parecchio preoccupato a riguardo, per cui seguii il suo consiglio.
Cominciò a parlarmi e a spiegarmi tutto sin dall'inizio. Ad ogni fatto e particolare che raccontava, rimanevo sempre più sbalordito. Mi innervosii moltissimo e la rabbia sopraggiunse su qualunque altro sentimento.
-Vuole dirmi che Mr. Johnson è un uomo così disgustoso e sgarbato?-le chiesi con una terribile collera addosso.
Sembrò sorpresa dal mio comportamento scontroso, ma si ricompose all'istante.
-Sì, temo. E Jane non l'ha ancora compreso-mi disse molto dispiaciuta.
-Non può andare da Mr. Johnson, Mr. Carrington-mi urlò. Ma era decisamente troppo tardi: ero già uscito da quella casa e mi dirigevo a Villa Johnson.
Le parole di Juliet risalivano in lontananza e indistinte. Matthew Johnson non l'avrebbe passata liscia.
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Romance[IN CORSO] *È presente linguaggio volgare* 1820 Jane Carrington, la più grande delle sue sorelle deve entrare in società nella stagione d'oro di Londra. È una donna determinata e forte, grazie anche alla morte del padre. Non ne vuole sapere della...