CAPITOLO 20

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sono le 20:30 di sera, in questo momento sono sul treno, in viaggio da tutto il giorno, la mia destinazione? non la so.
Ma un'idea vaga ce l'ho.

Stavo guardando fuori dal finestrino mentre ascoltavo della musica con le cuffiette, e pensavo e ripensavo, ero immersa dai pensieri, fin quando non comunicarono l'arrivo alla stazione.

Scesi dal treno con la mia valigia e mi diressi al primo hotel più vicino, A PIEDI.
Se avessi dovuto pagare pure il taxi sarei rimasta a secco, perciò mi misi a camminare senza staccare la musica.

Qui la gente è tutta strana, mi guarda male, ad ogni passo trovo persone che rubano, si ammazzano di botte o scopano in pubblico.

Arrivai davanti a questo "hotel" mal ridotto e mi ordinai una stanza, più che stanza era un buco per topi, ma mi accontento e non mi lamento.
Tanto sarà solo per sta sera.

Mi sdraiai sul letto e fissai il soffitto pensierosa.
Domani andò a trovare mio padre in galera, dopo due anni, già, dovevo trovare il coreggio per farlo prima o poi.
E quando se non ora?
Scrissi a mia mamma e le dissi che stavo bene e che sarei tornata domani.
Lei visualizzò e mi raccomandò di non fare cazzate.
Le ho scritto per non farla preoccupare, so com'è lei, degli altri non mi interessa, ma di lei si.

Passai altri 30 minuti in quella posizione, poi mi girai nel lato destro e mi addormentai.

Sognai un sacco di cose, cose strane, non erano ne incubi ne sogni belli, ma non me ne ricordo nemmeno uno.

Mi risvegliai tutta sudata, sia per il caldo e sia per tutti quei sogni, mi alzai e mi misi seduta sul letto.
Controllai il telefono e avevo 4 chiamate perse da Marcus, 5 da Thomas e nessuna da Dylan...
Sinceramente? ho acceso il telefono con la speranza di una sua notifica, ma niente.

Ripresi la mia valiga, pagai la signora per avermi dato quella merda di stanza e mi diressi al carcere dove c'era mio papà.

Camminando pensavo: magari Thomas ha ragione... forse lo amo. No amare è una parola grossa, magari ti attira sessualmente o al massimo ti piace, ma no Sara, tu non lo ami.
Cercai di autoconvincermi ma i dubbi mi venivano in continuazione.

Finalmente Arrivai, all'entrata mi fecero un sacco di controlli e mi obbligarono a lasciare sia il telefono che la valigia lì.
Io accettai, anche se almeno il telefono lo volevo con me.
Ma ormai dovevo entrare e vederlo.

Mi fecero aspettare all'incirca 15 minuti in sala d'attesa quando poi lo vidi spuntare.
Assurdo, è cambiato tantissimo, è molto più grasso e ha la barba ed è pelato ed... ha un tatuaggio!? wtf come ?
Ad un certo punto vidi questo signore voltare a destra e dirigersi verso un'altro tavolo.
Non era mio padre... e menomale!
Eccolo lì, magro magro, sta arrivando.

Il poliziotto gli levò le manette e lo controllò un'ultima volta prima di sedersi.

<amore mio...> mi sussurò

<ciao...> dissi indifferente

<sono felice di vederti...pensavo non ti avrei rivista più> disse accarezzando il vetro che ci separava

<come sta la mamma> chiese e questo mi fece stupire

<senza te sicuramente meglio!> dissi guardandolo una volta per tutte negli occhi.

Era spento...come se ora dopo tanto tanto tempo provasse delle emozioni.

<cosa ti ha portato a venire qui?>

<problemi...>

<ne vuoi parlare?, c'entra un ragazzo scommetto>

Annuì solamente, avevo bisogno di parlare, so che mio papà non era la persona migliore del mondo, ma ne avevo bisogno.

𝐨𝐛𝐬𝐞𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧🥀//𝒟𝓎𝓁𝒶𝓃 𝒪'𝒷𝓇𝒾ℯ𝓃Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora