Capitolo diciotto

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Aveva vagato per quasi due giorni in quel posto strano e solo dopo riuscì a capire come funzionasse.

Il Caos lo modificava a suo piacimento.

Prima era in un arido deserto, dopo in una piccola oasi e quello dopo ancora in una radura immensa.

Solo una cosa non era cambiata, i demoni che si avventavano su di lui con ferocia inaudita.

Per Daventh non fu un problema uccidere quelli che vivevano nell'oscurità, solo i diurni erano più ostici.

Aveva quasi esaurito la polvere velenosa sulla spada prima che apparisse quell'enorme demone dall'aspetto taurino.

Gli sembrò familiare.

Il mostro aveva allargato le narici e scoprì i denti.

<<Ma certo, ora rammento e capisco chi sei>>

<<Di cosa parli?>> sibilò con la spada sguainata.

Raxsas ghignò mostrando i lunghi canini affilati.

<<Il tuo odore è simile al nostro ma è contaminato da altro, qualcosa di puro. Sei il Figlio del Peccato, dei traditori della loro stessa razza>>

Daventh strinse il manico della spada e Raxsas spalancò le grandi ali scure.

<<Io ho ucciso tua madre e posto fine alla sua miserabile esistenza>>

L'ibrido non ci vide più dalla rabbia e lo aveva attaccato frontalmente stupendo lo stesso Raxsas per la sua velocità, ma il mostro non si lasciò intimidire.

La lama di Daventh si scontrò violentemente contro il suo corno e mosse la grande testa per scrollarselo di dosso.

La spada era riuscita a scheggiarlo ma non a tagliarglielo di netto, Daventh aveva mirato al collo però Raxsas era stato più veloce di lui.

Il demone taurino scoppiò a ridere.

<<Non potevo aspettare altro dal figlio di Emerald e Dreal. Hai la stessa luce combattiva di tua madre negli occhi e l'abilità di quel traditore. Ucciderti mi renderà felice!>> urlò euforico.

Daventh aveva cosparso la polvere mortale sulla lama ed aveva schivato con un salto il pugno di Raxsas ritrovandosi sul suo braccio enorme.

Evitò un altro colpo, tranciando di netto l'arto sinistro facendolo ringhiare per il dolore e preparò l'affondo finale sul collo.

Ma Raxsas lo colpì in pieno con un pugno e Daventh usò la spada per parare il colpo.

Non aveva calcolato quanto forte potesse essere.

A causa della pressione la lama si spezzò in due e il pugno lo colpì al petto, con gli artigli che lacerarono la pelle chiara.

Daventh sputò sangue.

Si ritrovò inginocchiato davanti a lui con la mano che cercava di fermare la fuoriuscita di sangue e la spada distrutta.

Come se nulla fosse, Raxsas prese il braccio mozzato e se lo riattaccò.

Daventh spalancò gli occhi scioccato.

Perché il veleno non faceva effetto?

Avrebbe dovuto impedire la rigenerazione dei tessuti ed entrargli nel flusso sanguigno facendolo morire.

Che fosse diverso dagli altri lo aveva intuito, era più forte e poteva combattere alla luce del sole senza risentire debolezza.

Fece per rialzarsi ma una forte fitta alle costole gli fece tossire altro sangue, il bel viso era una maschera di dolore.

La Spada dei DannatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora