Capitolo 1.

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Sabato, 5 Gennaio 1950

Una bambina corre via dalla sua balia e sgattaiola in qualche stretto corridoio, finendo per intrufolarsi nei condotti di areazione.

Accende il ricetrasmettitore che suo padre le ha appena regalato per il suo compleanno e se lo avvicina alle labbra.

«Qui Agente Karpov, mi ricevi? Passo.»

Dall'altra parte un'altra vocina di bambino le risponde.

«Qui parla Coda Rossa, ti sento forte e chiaro agente. Dio, non posso credere che lo stiamo facendo davvero!»

«Shhh! Non uscire dal tuo ruolo, Coda Rossa!»

«Giusto, hai ragione. Sei nel condotto?»

La bambina accende una piccola torcia e si guarda intorno nel cunicolo di metallo.

«Puoi dirlo forte.»

«Bene. Io sono nell'ala Ovest, sto arrivando. Ci vediamo nel punto d'incontro, passo e chiuuuudo.»

La bambina ridacchia e si assicura la radiolina alla cintola del vestitino rosso.

Segue la mappa disegnata a matita su un foglietto per addentrarsi nel labirinto di lamine d'acciaio finché uno dei pannelli non cede e crolla. La bambina urla e urta contro il pavimento polveroso. Tossisce e cerca di tirarsi su con il cuore in gola. È in un corridoio scarsamente illuminato. Non c'è nessuno e non ha idea di dove si trovi.

«Coda Rossa.. Abbiamo un problema.»

Riferisce alla radiolina stretta nella manina tremante.

«Che succede Agente Karpov?»

«Hey, tu! Non dovresti essere qui!»

Delle voci rimbombano tra le mura e quando la bambina si gira, vede degli uomini armati correre verso di lei e poi i rumori assordanti dei proiettili che si infrangono sulle pareti attorno a lei.
Si pianta le mani sulle orecchie, i suoi occhi si riempiono di lacrime e inizia a correre per scappare.

Le gambine coperte da una calzamaglia bianca attraversano il corridoio in cerca di un'uscita o di una porta, ma la mandano a sbattere contro qualcosa.
La sua balia le ha sempre detto che è un'irrimediabile sbadata.

Finisce nuovamente a terra e i suoi occhi si spalancano alla vista di una figura nera che si staglia contro il fascio di luce bianca.

L'uomo la afferra per un braccio e la trascina dietro di lui per proteggerla dalle fucilate, poi va incontro ai soldati armati e in pochi istanti li sbatte sul pavimento con tale violenza che entrambi perdono i sensi immediatamente.

Ed ecco che torna da lei, poggia un ginocchio a terra e la aiuta a rialzarsi.

«Tu che ci fai qui?»

La bambina è un tremolio dalla testa ai piedi, guarda il volto dell'uomo che la ha aiutata e lo trova coperto da una maschera nera fin sopra al naso. L'unica cosa che vede sono gli occhi, del colore del lago ghiacciato accanto alla sua casa.

«I-io.. Non dovevo essere qui. Mi dispiace, signore. Voglio tornare dalla signora Dejtlov, non dovevo scappare.»

L'uomo aggrotta le sopracciglia e da un'occhiata generale alla bambina.

«La signora Dejtlov?»

«Sì. È la mia balia.»

Viene spontaneo allo sconosciuto, guardare da entrambi i lati del corridoio. Non è un posto per bambini quello, né tantomeno di passaggio per le balie.

«E quella?»

Fa cenno alla radiolina e la bambina la stringe tra le mani senza smettere di tremare.

«Papà me l'ha regalata per il mio compleanno. L'ho appena scartata, ci stavo solo giocando.. Non me la tolga per favore, farò la brava! Lo prometto! Non lo racconti alla Signora Dejtlov!»

«Oggi è il tuo compleanno?»

La bambina annuisce e si passa una manica su una guancia arrossata. Nel farlo, nota una chiazza rossa che imbratta le vesti dell'uomo.
Questi si alza e fa qualche passo verso una vecchia icona ortodossa della Vergine con il vetro rotto e un vaso di coccio sbiadito dal tempo. Fruga tra i vetri e prende lo stelo di un fiore secco, poi lo porge alla ragazzina.
«Auguri, piccola. Adesso ti conviene filare via di qui.»
La bambina prende la rosa appassita e guarda l'uomo, battendo più volte le palpebre.
«Ma io non conosco la strad..»
«Uomini a terra, Settore 4-87, chiedo rinforzi immediati!»
Il soldato appena giunto inizia a sparare e subito altri tre sbucano da qualche parte per afferrare l'uomo che l'aveva aiutata e trascinarlo via dopo avergli piantato una siringa nel collo. La bambina vorrebbe fermarli, dir loro che non aveva fatto nulla di male, ma una mano la fermò prima.
«Rozaliya! Che diamine ci fai tu qui?!»
Suo padre la porta via e di quel posto non sente più parlare. Almeno per qualche anno.

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