Giovedì, 24 Settembre 1964Non so cosa mi abbia convinto a restare, esattamente. So che questa notte non sono riuscita a dormire e che l'immagine di James Buchanan Barnes su quella sedia mi ha dato il tormento.
Rifletto su ciò che devo fare adesso mentre sorseggio lentamente una tazza di tè al burro nella mensa. Ho dato una specie di congedo alla Signora Dijatlov, rimandandola a casa per un po' e così ho tempo per riflettere da sola. Ma quel momento di pace rubata si spezza quando Anatoliy piomba praticamente davanti a me.
«Eccoti qua, finalmente! Che ci fai qui? Pensavo che la nostra principessina mangiasse soltanto nelle sue stanze.»
«Qui c'è più confusione e la confusione fa sembrare normale quello che ho in testa.»
Poso la tazza e prendo un biscotto per sgranocchiarlo, sebbene io non ne abbia voglia.
«Confusione mentale, eh? Sembra materia per me.»
Anatoliy studia da qualche anno la scienza sperimentale sulla psiche umana e per lui ogni problema è campo di studio, oramai.
Ma come parlargli di un supersoldato affascinante che ha provato a strangolarmi e nonostante questo voglio tornarci perché mi sento responsabile della sua vita e adesso è in ibernazione?
Apro le labbra e poi le richiudo sconfortata.
«Non questa volta, Toly..»
«Hey.»
Sento la sua mano posarsi sulla mia.
«Non devi dirmi tutto. È solo che speravo che almeno la mia migliore amica e compagna di battaglie immaginarie non sarebbe scomparsa appena ottenuto il suo primo incarico.»
Alzo la testa di scatto.
«Tu lo sai?!»
Toly alzò una spalla e si portò alle labbra una cucchiaiata di pasticcio di mele.
«Non nei dettagli, sta' tranquilla. Ma ti comporti esattamente come tutti gli altri quando ottengono un ingaggio. Non hai più tempo per me, non vuoi parlare.. Probabilmente ti sei resa conto che non è quello a cui ambivi da tutta una vita.»
Mi rilasso sulla sedia e faccio un sospiro. Non lo sa. Ma sul resto ha avuto pienamente ragione e mi stupisco nuovamente della sua arguta intelligenza.
«Dio, Toly mi dispiace. Non era mia intenzione.»
Mi sorride come chi ha previsto anche questo.
«Lo so. E non è mia intenzione chiederti più di quanto possa dirmi. Ma se c'è qualcosa che posso fare per farti star meglio, non devi far altro che chiedere.»
Gli sorrido riconoscente e torno al mio grasso e delizioso tè, ma prima di bere, guardò di sbieco Anatoliy e lui se ne accorge.
«Cosa c'è?»
«Frequenti ancora il corso di boxe di Rokeshova, Toly?»
Fa un sorriso soddisfatto per quella domanda.
«Quasi tutti i giorni, Rose. Perché?»La faccia di Schwartz viene sbattuta nuovamente contro gli armadietti di metallo e a quel punto alzo una mano per fermare il mio migliore amico e mi chino per essere all'altezza del volto tumefatto del tedesco, parlandogli nella sua lingua madre.
«È stato divertente, dottore?»
L'uomo sputa a terra il sangue e mi guarda come se volesse fucilarmi.
«Rispondi alla domanda, tedesco!»
A Toly sono sempre piaciute le risse, per i ragazzi lì dentro è il miglior passatempo che ci possa essere.
Tenendo per i capelli l'ariano, lo sposta per spingerlo nuovamente di faccia sulla scrivania e farcelo scivolare, rovesciando a terra tutto ciò che c'era sopra fino a farlo crollare in ginocchio. Non vogliamo fargli troppo male, ho detto a Toly di spaventarlo soltanto e fargli uscire qualche goccia di sangue. E ho l'effetto sperato.
«Va bene! Va bene, signorina Karpov! Mi d-dispiace, non accadrà più.»
«Oh, lo spero Dottor Schwartz. Perché sarebbe un vero peccato dover tornare a trovarla nel suo studio. Meglio collaborare tranquillamente sul lavoro, no?»
Vedo Toly nascondere una risata e mimarmi un 'ti adoro'.
Lasciamo lo studio insieme e sgattaioliamo via.
«Mi mancava questa Rozaliya guerriera. Che mammole questi tedeschi, a malapena l'ho toccato. Forse nella loro concezione ariana hanno dimenticato di doversi confrontare con le donne russe.»
«Oh, sono certa che il dottor Schwartz avrà memoria di questa piccola lezione.»
Toly ridacchia e si ferma in corrispondenza di un bivio tra i corridoi.
«Se così non fosse, sai dove bussare per ricordarglielo.»
Mi sporgo in avanti per abbracciarlo, in segno di ringraziamento e al contempo di scuse. Lui ricambia, avvolgendomi tra le braccia.
«Sei sempre fantastico.»
Il suo petto sussulta in un'altra risatina.
«Non sparire più, Agente Karpov.»
«Ci proverò.»
«Adesso devo andare, ora di scienze applicate. Bel fazzoletto, comunque.»
Toly torna nell'ala studi e io mi dirigo verso i sotterranei; se voglio continuare questa follia, è inutile che continui a scappare.Due guardie mi aiutano a tirar fuori James dalla capsula di ibernazione e lo abbandonano sulla solita sedia, poi chiedo loro di andare. Essere nuovamente sola con lui mi mette i brividi e un senso di inquietudine mi pervade le viscere. Sciolgo il fiocco al fazzoletto e lo appoggio su un carrellino, poi mi avvicino a lui per sollevare leggermente il cerotto. Nonostante la refrigerazione, la ferita è guarita ad una velocità sorprendente, tanto che resta soltanto un segno rosso in procinto di schiarirsi.
Mi raddrizzo e torno a sedermi sullo stesso sgabello a poca distanza dal Soldato. Il periodo di ibernazione stavolta è stato breve e non servono iniezioni affinché si svegli. E lo fa piuttosto in fretta.
Il suo corpo si riattiva nello stesso momento in cui torna cosciente e sobbalza sulla sedia, facendo sussultare anche me.
Deglutisco pesantemente e spero davvero che la mia buona fede nel non farlo legare venga ricambiata.
Appena mi vede, si distende e riprende fiato. Quindi lo faccio anch'io.
«Era il 1950.»
Inizio senza aspettare che uno dei due potesse far riferimento accidentalmente a quel che era successo il giorno prima.
«Il giorno del mio compleanno, 5 Gennaio. Sono finita quaggiù a causa di una rottura di un pannello dei condotti d'areazione, io ci stavo giocando dentro. Dei soldati non mi hanno riconosciuta, c'era poca luce e così hanno iniziato a sparare. Ho iniziato a gridare e correvo, correvo senza trovare una via di fuga. Poi mi sono imbattuta in te. Non sapevo chi tu fossi e né di cosa eri capace, so soltanto che mi hai trascinata dietro di te per proteggermi dai proiettili.»
Racconto quasi tutto d'un fiato e poi dirigo i miei occhi in cerca dei suoi. Non posso farne a meno, voglio guardarlo e non smettere più.
«Non sapevo chi mi aveva salvata fino a qualche giorno fa, quando ti ho visto qui. Ecco perché non riesco a fare ciò che dovrei e quel che chiunque in questa base farebbe per seguire il protocollo.»
Mi stringo impercettibilmente tra le spalle.
«Ecco forse perché pensavo che non mi avresti ucciso.»
Il Soldato tira su la schiena e si piega su sé stesso, poggiando i gomiti sulla ginocchia. Si passa una mano tra le folte ciocche castane e poi lascia ricadere il braccio.
«Bucky.»
Farfuglia quella parola che quasi non capisco e attendo che continui.
«Credo di aver ricordato qualcosa del mio passato là dentro. Sono immagini confuse, volti sfocati e voci. La più ricorrente mi chiamava così, Bucky.»
Chiudo le palpebre e annuisco appena.
Lui ricorda. Non dovrebbe essere possibile, eppure ricorda. Nei miei studi, la terapia di eletrroshock viene usata persino per rimuovere vecchi traumi e curare malattie mentali. I pazienti si svegliano e non ricordano nulla. Ma lui.. Lui riesce a ricordare.
Solleva il capo e mi osserva, poi vedo chiaramente la sua espressione incupirsi quando sofferma lo sguardo sui lividi che segnano la mia pelle.
«Bucky. James Bucky Barnes.»
Dico io per sentire come suonasse e la reazione del Soldato indica che quelle parole non gli sono affatto nuove.
«È il tuo nome.»
Restiamo in silenzio per un po'. Entrambi abbiamo molto su cui riflettere; io sto cercando una via per non farlo tornare in ibernazione, la mia mente ci si cimenta nonostante abbia subito un simile spavento soltanto la sera prima.
E la via mi si presenta.
«Possiamo fare un accordo.»
Vedo che riesco a catturare immediatamente la sua attenzione.
«Ossia?»
Mi alzo e recupero qualcuno dei suoi indumenti conservati lì. Sono tutte vesti da soldato, pettorine in pelle e giubotti antiproiettile. Gli porgo quel che trovo, anzi glielo tiro addosso. Non è il caso di andarmene in giro con un supersoldato mezzo nudo.
«Tu vestiti.»
Afferra al volo le vesti e mi lancia un'occhiata differente, come se fosse velata di spirito.
«Qui finisce la festa, allora.»

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Winter Roses
Fanfiction"Tra i pochi che ne erano a conoscenza, la chiamavano "la Rosa del Soldato d'inverno". E in effetti lei si chiamava proprio così, Rose. Oh, sono tutt'ora convinta che lei lo amasse davvero. Povera bambina mia, se solo lui non avesse ricambiato, tutt...