Capitolo 26.

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Ho finito di parlare circa dieci minuti fa.

Ho raccontato a Bucky della cena con Madame HYDRA. O meglio, con Yngrid.
Quella donna ha un che di speciale e brillante, parlare con lei non è come farlo con il primo dottore misogino che si può trovare qui dentro, ha davvero qualcosa di interessante.

Credo davvero che si fidi di me. Forse crede in me più di quanto non faccia io stessa. Mi ha ascoltata parlare come se la mia parola contasse davvero.
Credo che quella donna si possa definire "illuminante". Io stessa non mi farei problemi a seguirla, sembra davvero cercare il bene del mondo e sa quanto possa fare male raggiungerlo.

Ma per quanto io possa stimarla, non riesco ad essere d'accordo con lei.
Il fatto che sia meno orribile degli altri non la rende una buona persona.

Ma non posso contestarla; neanch'io sono una buona persona dopotutto.

Un respiro caldo mi sfiora la guancia.

Deglutisco e finalmente decido di rompere quell'opprimente silenzio.

«Bucky parla, ti prego. Dimmi qualcosa.»

Non è arrabbiato con me. È soltanto silenzioso.
Ed è peggio. Se resta in silenzio è perché sta pensando e quando lui pensa, lo fa in maniera decisamente eccessiva.

«Sto cercando di capire da dove cominciare.»

Biascica lui senza togliere la faccia dai miei capelli.
Siamo fermi così da non so quanto tempo. Entrambi distesi su un fianco per non occupare troppo spazio, la mia schiena che preme contro il suo petto e il suo pesante braccio d'acciaio abbandonato attorno al mio busto.

«Da qualunque parte andrà bene.»

Lo sento scuotere la testa.

«Fa male, Rose.»

Capisco che si sta rivolgendo all'operazione.
Sistemo meglio la testa sul suo bicipite che mi fa da cuscino e fisso la parete di fronte a me.
È completamente buio.

«Lo so.»

Lui sospira al mio mormorio.

«Tu ci sarai?»

Ecco il secondo problema.

«Veramente io.. Ho un esame quel giorno.»

Silenzio dall'altra parte.
Mi sento già terribilmente in colpa.

«M-ma io cercherò di fare il possibile. Chiederò di anticiparlo e di rimandare la tua operazione.»

Purtroppo so che non sarà semplice. Organizzare un esame agli estremi del mondo vuol dire richiedere puntualità ed efficienza o tutta l'organizzazione potrebbe saltare.
Un giorno d'attesa in più potrebbe voler dire prendere una bufera e qui le bufere ti mandano fuoristrada e ti seppelliscono nella neve. E addio esami.

«Non importa, è meglio così. Non voglio che tu mi veda ridotto in quello stato.»

Giro di poco la testa verso di lui. Batto le palpebre per la confusione.

«Quale stato?»

Lui si irrigidisce e non risponde. E mi basta per capire.

«Bucky, non mi faccio impressionare tanto facilmente. Ti ho infilato delle pinze chirurgiche nel costato, te lo sei dimenticato?»

«No. Ma questa è un'altra cosa.»

Faccio scendere la mano sul suo braccio destro e cerco con le dita il rilievo pulsante delle sue vene in superficie.

«E la supereremo come tutte le altre. Sai, dopo che ti dimetteranno voglio portarti nel mio posto segreto.»

Solleva il capo dai miei capelli e capisco di aver pescato la sua attenzione.

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