Capitolo 12.

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Spazio autrice

Ciao a tutti! Ho aspettato un po' a farmi sentire, perché volevo prima vedere come andava la storia e devo dire che WOW, non mi aspettavo tante views *-*
Volevo ringraziarvi per avermi dato fiducia e aver letto nonostante l'intro faccia PENA, perché non so mai cosa scriverci e cambio idea ogni 3x4, quindi dovevo restare vaga.
Ebbene, devo dire che è la prima storia che riesco ad aggiornare così frequentemente, all'inizio l'avevo presa così alla leggera, ma mi sto affezionando ai personaggi, agli eventi, a tutto.
(Ma guarda che sorpresa, mi succede sempre così)
E niente, volevo salutarvi e dirvi GRZ, spero che vi piacerà il proseguimento, nel caso accetterò volentieri dei suggerimenti.
Che la Forza sia con voi. Ah no, ho sbagliato saga.

“6 Giugno, 1950
Estratto dal diario personale di Rozaliya Karpov.
La mamma mi manca tanto. La signora Dijatlov dice che continua a guardarmi, ma io non la vedo. Forse è per colpa del cielo sempre nuvoloso che c'è qui?
M manca tanto anche casa, vorrei tornare là. Mi manca il lago con quei grandi pesci rossi, vorrei farlo vedere a Toly. A proposito, anche lui è sparito da un paio di giorni, sai dov'è? Oh, ma come puoi. Sei solo un diario, servi a tenere i segreti.”

Giovedì, 15 Ottobre 1964

«Io e te sappiamo come vanno a finire queste cose.»

«Toly, smettila. Mi fai paura.»

Sono seduta sull'altalena rossa in cima alla collina, tra le mani l'ultima caramella che la signora Dijatlov ha portato a me e a Toly per Halloween.

«Io devo salvarti. Te l'ho promesso.»

Toly sta giocando a palla vicino alla recinzione. Prende il vecchio pallone degli ultimi mondiali di calcio sotto un braccio e corre verso di me.

«Era il nostro accordo, te lo ricordi?»

Scuoto la testa e mi ficco in bocca il dolcetto, poi gli rispondo a bocca piena.

«Non abbiamo fatto nessun accordo.»

Toly mette il muso e se ne va, tornando a giocare con la palla.

«Tu non lo ricordi!»

Quell'accusa gridata mi risuona ancora nelle orecchie quando mi sveglio.
Sento qualcosa appiccicato alla mia faccia: carta.
Ci metto qualche secondo per realizzare che mi sono addormentata sopra la scrivania mentre scrivevo.
Ho il collo dolorante e la schiena irrigidita, quindi dopo aver sistemato il mio diario e ficcato sotto al materasso assieme a tutti gli altri, vado a fare una doccia. 

Rivivo quello strano sogno sotto l'acqua bollente e mi chiedo, per la milionesima volta da ieri sera, che senso avessero le parole di Toly.
Cosa mi aveva promesso? Cosa l'ho costretto a fare?
Sento che in tutto questa storia c'è un tassello mancante, ma non riesco a capire quale. Non lo vedo.

Passo al servizio di intelligence in mattinata e saluto qualche vecchio conoscente mentre mi dirigo al pannello di controllo, dove trovo mio padre alle prese con un paio di scienziati, tra cui.. Schwartz.
«Rozaliya, lascia che ti presenti Lee Chang e Hernando de La Riva. Sono i genetisti che si occuperanno di stabilizzare il siero per i nostri nuovi soldati.»
Stringo loro le mani, dando le spalle a quel molliccio bocca larga di Schwartz.
«Piacere di conoscervi.»
«Hail Hydra, signorina Karpov. Ci piacerebbe farle qualche domanda sul soldato d'inverno più tardi, è nostro interesse conoscere ciò che è già ben riuscito per cercare di renderlo migliore.»
Hernando mi ammicca quando finisce di parlare con un pesantissimo accento spagnolo.
«Senz'altro, signor de La Riva.»
Mio padre posa una mano dietro la mia schiena e mi conduce poco distante, dinnanzi ad una macchina che conserva una fiala con del liquido azzurro.
«Potrebbe essere la svolta che stiamo cercando.»
Annuisco alle sue parole.
«Ti fidi di loro?» 
«No, no e ancora no, ma l'Alto Concilio ha stabilito che dovranno essere loro ad occuparsi del siero.»
Osservo la provetta circondata dalla nebbiolona bianca della crioconservazione.
«Pensi davvero che funzionerà?»
Mio padre si stringe nelle spalle.
«Ma certo. Noi non falliamo mai, piccola.»
Lo vedo lanciarmi un'occhiata strana, che non riesco a decifrare.
Sembra sappia che ho da dirgli qualcosa, ma lui mi anticipa sul tempo.
«I soggetti selezionati dal nostro soldato hanno ottimi risultati. Ho letto i rapporti. Non appena il siero sarà stabile, convengo che potremo procedere con l'operazione. E avremo la nostra squadra della morte.»
Faccio una smorfia.
«Che nome orribile.»
«Un gruppo di supersoldati capaci di mettere a ferro e fuoco un'intera città. Come lo chiameresti?»
Alzo le spalle.
«Il nome deve avere poca importanza, suppongo.»
Mio padre si gira verso di me.
«Già. Senti, non dare troppe spiegazioni al torero e al suo amico bacchettaro. Intesi?» 
«Non ne avrei comunque date.»
In primo luogo perché il latino è stato uno spudorato e in secondo perché.. Beh, non voglio più parlare di Bucky come fosse una semplice macchina operativa.
«Bene. Eri qui per qualcosa?»
Soffermo lo sguardo sul siero e prendo un piccolo respiro.
«Veramente sì.»
Mi avvicino a lui ed abbasso la voce.
«Si tratta di Anatoliy. Ultimamente è diventato.. Violento.»
Vedo una strana reazione sulla faccia di mio padre: sorpresa.
«Che vuoi dire?»
Faccio un sospiro e mi passo la lingua sul pollice per pulire il trucco col quale mi sono coperta la guancia.
«Voglio dire che questo è opera sua.»
Mio padre mi osserva senza dire una parola e senza che nessun'altra espressione alteri il suo volto austero.
«Che strano.. Non è da lui. Non dovrebbe farlo.»
Mi acciglio e cerco di studiarlo, capire a cosa sta pensando.
«Già.. Non dovrebbe.»
Vasily sembra scrollarsi da un lontano pensiero e scuote il capo.
«Penso che dovresti cavartela da sola, tesoro. Ti ho addestrata abbastanza bene affinché tu possa far fronte a qualche mascalzone.»
Resto basita.
«Vuoi che mi metta a puntare la pistola contro il mio migliore amico?»
«Voglio che tu, Rozaliya, cominci a risolverti da sola. Sei un'agente dell'Hydra, non un'adolescente adescata dal tipo ubriaco ad una festa del liceo.»
Sbatto le palpebre e incrocio le braccia, guardandolo come se non stessi credendo ad una parola.
«Tu non mi hai mai addestrata, mi hai solo lasciata in mano a qualche tuo scagnozzo ed io non ti ho mai chiesto nulla!»
Mio padre rimane fermo nella sua decisione, mi ascolta esattamente come fa sempre e cioè sapendo già che non avrebbe cambiato idea. 
«E cosa vorresti che faccia per te? Cacciare il mio miglior studente di fisica nucleare?»
Gesticolo una mano in aria come a cercare le parole.
«Parlarci, magari.»
Lui fa un sospiro paziente.
«Rose.. Ho tante cose a cui pensare. Il tuo amichetto con delusioni d'amore non è tra queste. Mi dispiace.»

Winter RosesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora