4 - Rocca Arriga

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Erika si svegliò con un sussulto e si ritrovò immersa nell'oscurità. Per un terribile secondo non riconobbe la stanza in cui si trovava, poi si ricordò della sera prima.

Doveva essersi addormentata mentre leggeva, il diario aperto sul tavolo appena visibile nella penombra e ora pagava il prezzo di essersi addormentata seduta a un tavolo di legno.

Si alzò stirando la schiena, facendo quella serie di esercizi di stretching che ancora ricordava dalle ore di educazione fisica al liceo.

Quando si era addormentata? Che ore erano?

Chiuse il diario e se lo mise sotto il braccio, cercando con l'altro le chiavi che le aveva dato Matteo. Si trascinò su per le scale, sempre tenendo stretta quell'inesauribile fonte di informazioni e raggiunse la sua camera.

Non aveva previsto di fermarsi a dormire, non si era portata neanche un cambio di vestiti. Si tolse la giacca e la camicia, cercando di piegarle il meglio possibile e si andò a lavare la faccia nel piccolo bagno personale.

Si distese nuovamente sul letto ma il bacio dell'acqua sembrava averle risvegliato il cervello che continuava a porsi domande su quanto aveva letto.

Una su tutte, quella che si poneva da mesi, continuava a farle visita: "Dov'è Jessica?"

Trovava interessante Lucio, ma non era per leggere la sua biografia che aveva fatto tutta quella strada. In un paio di occasioni aveva avuto la tentazione di saltare direttamente alla fine del diario, dove era sicura avrebbe trovato la risposta che cercava, ma aveva paura di perdere delle informazioni importanti.

Non poteva sapere dove e quando sarebbe entrata in scena sua sorella e non voleva rischiare di perdere quell'occasione solo per la fretta: aveva trascorso troppo tempo chiusa in una stanza a parlare da sola e ora tutto si sarebbe concluso nel giro di poche ore, bastava avere pazienza.

Questo pensiero la ricondusse lentamente nel sonno, girandosi su un fianco, le braccia sempre strette attorno al diario.

La mattina dopo fu svegliata dal vociare delle persone lungo la strada. Incredibile come un piccolo borgo potesse essere più caotico di una città di prima mattina.

Le persone si incontravano per strada e si salutavano ad alta voce, invitandosi l'un l'altro a prendere un caffè. Dalla finestra della camera vide una serie di padiglioni bianchi che si estendevano lungo tutta la strada, dando origine a un mercatino.

Cercò di sistemarsi il meglio possibile, indossando nuovamente gli abiti spiegazzati del giorno prima. Controllò velocemente il borsello: esclusi i soldi per il ritorno, le rimaneva poco ma abbastanza per comprarsi un cambio, magari non firmato ma non le erano mai interessate piccolezze del genere.

Il pub era immerso nell'atmosfera di pace tipica di un luogo pubblico nei momenti di chiusura. Le voci giungevano ovattate da dietro le finestre e su ogni tavolo si trovavano le proprie sedie o panche. Il profumo di pulito partiva da uno straccio e uno spazzolone poggiati contro il muro estendendosi a tutto il pavimento.

Matteo se ne stava chinato su una piccola lavagna su cui stava scrivendo con un gesso giallo la specialità del giorno. Notò che continuava a cancellare e riscrivere la prima lettera, non soddisfatto della curva della G.

Si schiarì appena la voce, annunciando la sua presenza ma lui non si voltò, continuando a scrivere.

"Se vuoi un caffè..." disse invece, indicando il bancone dietro di sé con il pollice. "Ce n'è ancora nella macchinetta."

Erika annuì, quindi, ricordandosi che lui le dava le spalle, aggiunse: "Grazie"

Rimasero così, senza parlare, mentre lei sorseggiava il suo caffè.

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