7 - Prede e Predatori

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Erika rimase seduta, osservando un punto imprecisato su una parete della stanza. Era finita: la storia e la speranza.

Lo sapeva, non avrebbe dovuto credere neanche per un secondo nel lieto fine: quella non era una favola, era la realtà.

Rimase in quel modo per un tempo indeterminato, finché non sentì delle voci provenire al piano di sotto.

Le ignorò, concentrandosi sui suoni della pioggia che batteva contro la finestra e del vento tra gli alberi.

E ora? Cosa doveva fare? La sua ricerca era finita nel peggiore dei modi e ora si sentiva svuotata.

Pensò al padre che ancora non sapeva la verità, avrebbe dovuto dirglielo... e poi? Sarebbe tornata alla vita di tutti i giorni, all'università? Avrebbe disfatto la sua parete e si sarebbe messa il cuore in pace?

Le voci aumentarono di intensità al piano di sotto e all'improvviso sentì il suono di vetri rotti. Si alzò preoccupata, uscì dalla camera e si avvicinò alle scale.
"Da dov'è che tiri fuori tutto questo coraggio, eh?" sentì esclamare una voce che non aveva mai sentito. "Non hai ancora imparato con chi hai a che fare?"

Seguirono dei colpi sordi e poi la voce di Matteo: "Ti prego basta, non so altro... ti giuro!"

Fu la sua voce supplichevole a farla agire. Dimenticandosi completamente del pericolo, scese velocemente le scale e si ritrovò nel pub.

Matteo era seduto a terra, la mano portata ad asciugarsi il sangue che gli colava dalla bocca mentre davanti a lui si ergeva un uomo alto, coperto da un pastrano con in mano una stecca di metallo.

"Oh!" disse lui, girandosi verso di lei. "Hai ospiti, vedo... Chi sei?"

"È solo una turista di passaggio!" disse Matteo, alzandosi faticosamente in piedi.

"Una turista di passaggio?" ripeté lo sconosciuto, sarcastico. "Curioso, perché assomiglia tantissimo alla sorella di Fenice..."

Erika si sentì mancare l'aria in petto e l'espressione dell'oste si fece allarmata.

"Non avrai pensato che non sapessi chi fosse?" rise l'altro, tirandogli un calcio. "Ho passato così tanto tempo a pedinarla che l'ho riconosciuta subito!"

"Pedinarmi?" chiese Erika scioccata, riuscendo a parlare per la prima volta. "Lei chi è?"

"Oh, che sgarbato..." rispose con quella voce feroce, girandosi verso Matteo. "Chi sono, Coyote? Eh?"

Nel fare quel movimento la giacca assunse una strana piega vicino al braccio destro.

"Lei è Fulcheri!" capì lei all'improvviso e lui si girò, un'espressione feroce sul volto.

"E tu come fai a saperlo?" chiese con voce tremante. "Le hai parlato di me?" e fece saettare la bacchetta di metallo, colpendo l'oste sul volto e costringendolo di nuovo a terra.

"No! Non è stato lui! L'ho letto sul diario de-" e si interruppe nel vedere l'espressione di Matteo.

L'ex-poliziotto la guardò trionfale, si avvicinò di un paio di passi e le chiese: "Diario? Di chi, se posso chiedere?"

Era molto più alto di Erika e aveva in mano quella specie di manganello. Mentre lei faceva un passo indietro verso le scale, Matteo gridò: "Lasciala in pace, bastardo!"

"BASTARDO?!" gridò Fulcheri, lanciandosi su di lui e tempestandolo di colpi. "Come osi parlarmi così? Pensavo di averti addomesticato, ma a quanto pare hai dimenticato velocemente il dolore che hai provato..."

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