D7 - Sul filo del bisturi

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Avrei fatto di tutto per fare finta di non aver sentito niente e andare via, mettendo la parola fine a quell'operazione.

Lupo urlava dalla macchina dicendo che il tempo era finito. Era stato facile per lui dire che in caso di pericolo avremmo dovuto lasciare indietro delle cavie, ma non aveva anche appiccato l'incendio?

Potevo seriamente andare avanti e lasciare morire un animale tra le fiamme quando avrei potuto salvarlo?

No.

Mi sporsi dalla porta e feci loro cenno di andare via e rientrai dentro.

Rimasi appoggiato al muro e tesi le orecchie: dopo qualche secondo sentii le macchine sfrecciare sul ghiaino.

Era fatta: non si tornava indietro, mi tolsi il passamontagna per riuscire a respirare meglio e tornai indietro.

Era stata una decisione istintiva, ma sapevo di aver fatto quella giusta. Ripensandoci, probabilmente è l'unica scelta di quel periodo di cui non mi pento.

Il fumo avanzava a ondate, le fiamme erano arrivate alla sala centrale e vidi i vani venire divorati dal fuoco uno alla volta.

Per la terza volta in quella sera cercai di isolare ogni altro suono per capire dove andare. Una voce sommessa, come il fischio di un giocattolo per bambini, veniva da uno degli uffici alla mia sinistra, la porta chiusa a chiave su cui era scritto a lucide lettere rosse "VIETATO L'INGRESSO".

C'era poco spazio per prendere la rincorsa e più aspettavo più rischiavo di trovarmi intrappolato tra fumo e fuoco.

Caricai con tutta la forza contro la porta, colpendo con la spalla e sentendo chiaramente il legno spezzarsi sotto il mio peso.

La stanza era buia e si estendeva verso l'interno, impedendomi di vedere il lato più lontano. I suoni erano cessati dopo il mio ingresso e ora da un punto imprecisato a sinistra era iniziato un cupo gorgoglio.

Non è saggio infilarsi in una stanza buia con qualcosa che non si conosce, ma la fretta e la minaccia di morire bruciati cambiano un po' la percezione degli altri pericoli.

Feci qualche passo in avanti, le braccia tese per evitare di urtare qualche mobile ma la stanza sembrava stranamente vuota. Capii un attimo dopo il perché.

Nell'angolo più lontano rispetto la porta si trovava una struttura di metallo, simile a una colonna di sostegno. Alla sua base, legata con un anello di congiunzione, partiva una lunga catena di ferro che attraversava la parete e terminava nel buio, nel punto esatto da dove arrivava quel verso.

Non ricordo molte cose di quella sera: non ricordo il mio primo pensiero una volta entrato in quel posto, non ricordo gli altri animali che liberai insieme a Roger e non ricordo quanti ne riuscimmo a liberare in quell'azione.

Ma ricordo perfettamente il mio primo pensiero quando lo vidi. Altri sarebbero stati spaventati e sarebbero forse scappati ma io rimasi rapito dalla sua bellezza.

Mai prima di quel momento avevo visto una creatura così bella. La catena che lo teneva imprigionato finiva attorno alla sua zampa anteriore sinistra, un rivolo di sangue che scorreva nel punto in cui il ferro aveva inciso la carne. Nonostante fosse ferito, non mostrò paura nei miei confronti.

Anzi se ne stava seduto, guardandomi con quegli occhi gialli che rilucevano nella penombra ed emettendo quel cupo brontolio, senza però mostrare i denti. Sembrava che volesse affermare la sua forza, piuttosto che spaventarmi o minacciarmi.

Era il secondo lupo che vedevo quella sera e in quel momento mi resi conto di quanto fosse irrispettoso il soprannome del capo del Branco. Non poteva reggere il confronto con lui.

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