D17 - Vampa Incendiaria

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Non sono certo il primo a dire che il tempo è relativo, ma non avevo pensato mai seriamente a questo concetto.

Ho ricordi disgustosamente dettagliati di tutti i momenti che ho vissuto sin dal mio primo incontro con Yong, come se avessi vissuto quella parte della mia vita camminando lentamente, osservando il paesaggio e concentrandomi su ogni particolare. Vorrei davvero poter gettare buona parte di quei ricordi per fare spazio a questi ultimi mesi che nella mia memoria sembrano accelerati, come se li avessi osservati da una macchina sportiva, affacciato a un finestrino da cui appare tutto sfocato e informe.

Ero come un bambino che segna i giorni che lo separano dal Natale sul calendario, lamentandosi delle giornate che sembrano non finire mai, fino a quando arriva finalmente la Vigilia. Ma, una volta superate le feste, i giorni riaccelerano per recuperare il tempo perso in precedenza e il bambino si ritrova a ricordare solo quei giorni lunghi e grigi.

Per me era stato lo stesso: tutta la mia vita era stata una lunghissima attesa per quel momento. Il momento in cui ho incontrato Fenice.

Nei giorni che seguirono la nostra operazione, successe una cosa eccezionale. Pecora venne alla Villa e mi disse che al telegiornale avevano parlato nuovamente di me, che avevo minacciato un vecchietto e che avevo fatto danni per centinaia di migliaia di euro, mettendo a rischio il lavoro di decine di persone. Ormai mi ero abituato a sentir parlare male di me ma poi lei mi mostrò il video di un giornalista che andava in giro chiedendo cosa la gente pensasse delle mie azioni.

Vedere così tante persone parlare male di me, pronta a giudicarmi e a condannarmi, senza sapere la verità, mi fece salire il sangue al cervello. Cosa cazzo ne sapevano loro?

Mi chiusi nella mia stanza, o meglio: l'avrei fatto se avessi avuto una porta.

Nel pomeriggio mi venne a trovare Fenice.

"Ti ho portato un regalo!" disse allegra, entrando nella stanza.

"Non sono dell'umore giusto..." borbottai io, la faccia premuta contro la branda.

"Aaaah, dai!" si lamentò esasperata. "Vieni a vedere!"

Mi alzai sbuffando e mi avvicinai al tavolo dove si era seduta. Aveva con sé un piccolo tablet e mi fece cenno di guardare. Sullo schermo si trovava lo stesso simbolo che aveva tracciato qualche sera prima, appena sotto la scritta IL BRANCO che riluceva in grandi lettere rosse.

"Cos'è?" chiesi sconvolto, guardandola.

"Come cos'è?" chiese a sua volta, perplessa. "È un sito internet!"

"Hai fatto un sito su di noi?"

"Proprio stanotte!" confermò fiera. "E, oh, non so se è perché sei famoso, ma abbiamo già ricevuto migliaia di visite!"

"Non sono famoso" borbottai, sentendo la rabbia salire. "Sono ricercato! Come hai potuto pensare che fosse una buona idea?"

"Ah, non ti preoccupare! Non possono trovarci, un mio amico mi ha garantito la massima sicurezza! Ci ha lavorato per una settimana..."

Mi alzai e presi a camminare per la stanza, fuori di me.

"Un amico?" ripetei, quasi urlando. "Hai detto a qualcun altro che fai parte del Branco?!"

Lei rimase calma, senza smettere di sorridere.

"Pensi seriamente che il Branco sia composto solo dalla decina di persone che conosci?"

Mi fermai a metà passo, assorbendo quelle parole e all'improvviso feci la domanda che avrei dovuto fare giorni prima, quando mi aveva raccontato la sua storia.

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