D16 - Nuove Armi

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L'arrivo di Fenice aveva infuso il Branco di una nuova linfa vitale: tutti erano più allegri e lavoravano ridendo e scherzando. A volte mi sembrava di essere tornato a un mese prima, quando ancora vivevamo alla Riserva, ma l'illusione non riusciva a superare le pareti della mia stanza, morendo prima di arrivare alla porta.

Ero felice che avessimo un nuovo membro su cui contare, ma non riuscivo ancora a capire come avremmo dovuto comportarci: se non potevamo portare via gli animali, tutto ciò che ci rimaneva era distruggere le loro apparecchiature, ma era più facile a dirsi che a farsi. La maggior parte dei laboratori e degli allevamenti avevano dei sistemi di sicurezza da non sottovalutare, niente a che vedere con l'Uroboros. Spesso mi sono chiesto come mai fosse stato così facile attaccare i Laboratori Bianchi, ma probabilmente quel piccolo complesso era solo un posto dove Yong si svagava e conduceva i suoi esperimenti, poco importante per una multinazionale.

Molti membri del Branco andavano e venivano dalla Villa, avendo le loro vite e le loro case, mentre io ero costretto a rimanere nascosto in mezzo alla polvere, per non rischiare di essere scoperto.

L'unico momento in cui riuscivo a respirare era quando andavo a camminare nei boschi con Ookami, facendo lunghe escursioni tra gli alberi. C'era sempre un minimo fattore di rischio, tra i cacciatori e gli escursionisti che giravano per la zona, ma se non fossi uscito da quella casa avrei finito con l'impazzire.

Un giorno stavo studiando le foto che Coccodrillo era riuscito a scattare a un allevamento di pollame che si trovava a una cinquantina di chilometri più a nord, quando sentii bussare e vidi Fenice entrare, le mani in tasca.

"Ti stai ancora arrovellando sulla nostra prossima azione?" chiese lei, guardando gli appunti sul tavolo. "Ogni tanto stacca quel tuo cervello, si comincia a sentire odore di fumo dalla tua stanza..."

Mi mostrò velocemente la lingua e si mise seduta sulla sedia che avevo lasciato libera.

"Forse ho trovato un bersaglio..." le risposi, passandole le foto. "È un allevamento intensivo di pollame e non ha un grande sistema di sicurezza... giusto un paio di reti e un ingresso posteriore lontano dalla strada, ma..."

"C'è qualcosa che non ti convince?" chiese lei, prendendo le immagini che le passavo.

"Una volta dentro cosa facciamo?" Era la prima volta che formulavo quel pensiero ad alta voce. "È da quando abbiamo lasciato la Riserva che me lo chiedo: cosa dobbiamo fare? In quel momento avevo parlato di sabotaggi, come se avessi un piano preciso... ma la verità è che non ho la minima idea di come comportarmi..."

Mi sdraiai sulla sedia, in preda al panico.

"Sì, magari possiamo rompere un paio di attrezzature, fare qualche danno..." concessi io, le mani tra i capelli. "E poi? Non possiamo portare via gli animali, non abbiamo dove metterli, i giornali continuano a dipingermi come un mostro e sono rinchiuso in questa casa da più di un mese..."

Parlavo velocemente, dimenticandomi completamente che Fenice fosse lì, finché lei non mi tocco il braccio con la mano.

"Druido, calmati!" disse lei con un sorriso. "Se ti concentri sulle cose che non puoi fare, non farai altro che scavarti la fossa da solo. Lascia diradare la polvere e tornerai a vedere il campo di battaglia..."

Per la prima volta da quando ero arrivato in quel posto, sentii la tensione allentarsi.

"Ora, cosa possiamo fare?" riprese lei, tornando a guardare le foto. "Affrontiamo i problemi uno alla volta: non possiamo occuparci degli animali, è vero. Ma perché credi che solo il vandalismo e il furto possano danneggiare un'azienda?"

Mi sembrò di rileggere i dubbi di Lupo: "Causiamo danni per milioni di euro a delle multinazionali che guadagnano miliardi al giorno".

"E cos'altro possiamo fare?" chiesi io, perplesso.

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