Ieri sono morto. Non è stato un grande evento, non si è scomposto nessuno. Ma in fondo credo che non se ne siano nemmeno accorti: non c'è stato alcun rimbombo di campane e nessuno ha sparato verso l'altro commemorando la mia vita.
Quando mi sono alzato, ieri mattina, non avevo preventivato di morire. Nella mia agenda non c'era scritto:
- Fare colazione
- Attaccare un allevamento
- Morire
Peccato: per una volta mi sarebbe piaciuto essere un tipo ordinato, di quelli che indossano la camicia infilata nei pantaloni e hanno la coda della cravatta ben nascosta tra i bottoni.
Invece ho indossato i miei soliti pantaloni e la mia solita camicia sbiadita. Sono vestiti vecchi e più larghi di qualche misura, ma sono anche quelli che preferisco: mi sembra di indossare la mia vecchia pelle. Non che mi manchino i tempi in cui li indossavo veramente, ma ora sono diventati talmente scomodi che quando li tolgo la sera provo una meravigliosa sensazione di sollievo. Il diritto di cambiare pelle è un lusso che ho conquistato con il sangue e me lo tengo ben stretto.
Arrivato a questo punto, ho paura ad andare avanti. Ogni volta che chiudo gli occhi o scrivo una parola, torno a ieri e mi sembra di rivivere il mio ultimo giorno di vita.
Chiudo gli occhi e sono sulla mia branda. Mi alzo e attraverso il lungo corridoio che separa la mia stanza da quella di Fenice. Cammino a piedi scalzi, godendomi la bonifica che abbiamo fatto in quel luogo: se avessi provato a farlo quando ci eravamo arrivati la prima volta, sarei morto di tetano prima di sera.
La sua stanza ha una porta di legno, disarticolata e cigolante. Di quelle che fanno tanto effetto nei film.
Entro e la trovo a letto, nella stessa posizione in cui l'ho sempre trovata: sdraiata di fianco, il cuscino stretto tra le braccia e le gambe.
Più di una volta le ho detto che avrei preso volentieri il posto di quel cuscino e lei rispondeva usandolo come arma bianca per picchiarmi.
Mi abbasso fino a poter contare le sue lentiggini e la bacio per svegliarla.
Apre gli occhi, si guarda attorno e mi dice: "Buongiorno, Lucio..."
"Hai controllato!" scherzo io. "Vuoi forse dire che ci sono altri che ti svegliano baciandoti?"
"Più di quanti immagini!" ride, alzandosi sul letto e gettandomi le braccia attorno al collo.
Rimaniamo in quella posizione per qualche minuto, dondolando ognuno secondo un proprio ritmo, che l'altro non può sentire.
"Sai? Ho comprato un regalo per mia sorella!" mi dice e balza giù dal letto. "Così potrò raccontarle la storia del re e della regina, di Druido e Fenice..."
"... di Gorilla e di Volpe!" concludo ridendo. "Ho sempre pensato che ci sia del tenero tra loro due..."
Riapro gli occhi e sono di nuovo qui, la penna in mano e lo sguardo perso nel vuoto. Sono solo ricordi o mi sto davvero perdendo nella mia memoria?
Sinceramente non mi importa: arrivato a questo punto, facciamola finita.
Chiudo gli occhi ed è pomeriggio. Gli altri membri del Branco cominciano ad arrivare, ognuno pronto a ripartire per un'altra missione. In questo momento la cosa più importante è controllare gli altri gruppi sparsi per il paese e questo è un compito che spetta agli animali del Branco originale.
Tra loro c'è Pecora, con la sua solita aria afflitta che mette su ogni volta che partiamo per una missione.
Il piano è semplice: io, Jessica e Ookami attacchiamo un allevamento di pellicce. Non è la prima volta che lo portiamo con noi e il suo fiuto ci era già tornato utile in passato per trovare velocemente gli animali. È un allevamento piccolo, una miniera d'oro, e il lavoro è rapido e pulito: animali maltrattati, riprese, milioni di visite al sito.
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Il Branco
Mystery / ThrillerErika è una ragazza la cui sorella è scomparsa dopo essersi unita a un gruppo ecoterroristico di stampo animalista chiamato Il Branco. La sua ricerca la condurrà al diario del ricercato numero uno del paese e alla sua storia. Risultato migliore: (GR...