D11 - Nomi

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Nonostante gli avvertimenti di Lupo, finii per passare gran parte delle giornate successive alla Riserva, curando le cavie e conoscendo gli altri membri del gruppo.

Tutti gli animali venivano tenuti in un piccolo capannone vicino al bosco e solo quando sarebbero stati adottati avremmo attaccato di nuovo: non potevamo rischiare di avere troppi animali e di attirare l'attenzione degli altri ospiti dell'agriturismo.

Trascorrevo la mattina nel mio ambulatorio in fibrillazione, aiutando quei due o tre clienti che venivano a trovarmi, spesso solo per curiosare sulla vicenda dei Laboratori Bianchi.

La versione ufficiale era quella di un incidente, ma la zona era interdetta al pubblico e alla gente piaceva chiacchierare.

Quando timbravo il mio cartellino per l'uscita, correvo alla Riserva e scoprivo che il tempo non era mai abbastanza per fare tutto. Il pomeriggio era scandito dagli allenamenti con Giaguaro e le cure degli animali, ma eravamo interrotti così spesso dagli altri compagni che mi sembrava di muovermi a scatti.

Giaguaro sembrava felice di avere qualcuno a cui insegnare e così trascorrevamo le ore a correre e a fare esercizi muscolari mentre io continuavo a desiderare di colpire il sacco.

"Colpirai il sacco, ma prima devi sistemare questo sfacelo..." mi disse lui un giorno, accennando al mio corpo.

"Ehi!" protestai io divertito. "Pensavo che non si potesse colpire sotto la cintura!"

Ridemmo entrambi e continuammo con gli esercizi di riscaldamento. Sapevo benissimo che gli anni all'università mi avevano appesantito ma non mi era mai interessato più di tanto perdere peso. Non fino a quel momento, almeno.

Quando finimmo, un paio d'ore dopo, ero fradicio di sudore e distrutto dall'allenamento ma decisamente soddisfatto: insieme al grasso, stavo dichiarando guerra alle mie incertezze.

Era stata meravigliosa la sensazione quando avevo colpito il sacco la prima volta. Avevo tirato un pugno con tutta la forza che avevo, facendo sussultare il sacco e sentendo la risposta del colpo da dietro il guantone.

"Prova a fare così..." mi disse Giaguaro e mi sollevò la guardia, prendendo subito dopo la mia stessa posizione. "Nel momento in cui scagli il colpo, prova a portare avanti il piede e a ruotare spalla e braccio."

Mi suonava troppo complicato ma ci provai comunque. Mi sembrava di essere tornato alla prima volta che avevo provato a guidare, con troppi pedali e leve da tenere d'occhio. Spostai in avanti il peso e sentii naturale imitare il suo movimento, scagliando un pugno che fece volare indietro il sacco.

"Ottimo!" disse lui sollevano il pollice. "Quello era un dritto."

Ma da quella volta non avevo più colpito il sacco e mi ero concentrato sullo sviluppare la massa muscolare, a perdere peso e a saltare la corda per migliorare il mio ritmo.

Tutti traguardi ostacolati da Pecora che continuava a interrompere i nostri allenamenti per farci assaggiare i dolci che preparava la mattina.

Ogni volta che ci veniva a trovare Giaguaro mi lanciava un'occhiata divertita, ammiccando alla donna finché un giorno durante un allenamento mi disse ridendo: "Ti vedo molto vicino a Pecora, Lucio. Vuoi diventare Montone?"

Sorrisi e replicai: "È una donna meravigliosa, ma temo che sia... nata un po' troppo prima di me."

Lui fece uno sguardo scettico e io mi fermai, sorpreso.

"Quanti anni pensi che io abbia?"

"Beh, ne hai meno di lei, a quanto pare... e se lei ha quarantacinque anni..."

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