Capitolo 13

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Beatrice

Tornai a casa ed ebbi un solo pensiero. Mi avviai verso la cucina e aprii il cassetto dei coltelli. Quelle lame affilate mi guardavano luccicanti. Reclamavano il calore della mia impugnatura e io reclamavo la pace. Inspirai e chiusi gli occhi. Sentii il profumo dei bacon croccanti e del suono della radio al mattino. Sentivo i passi di mio padre. Il rumore di cristalli rotti e le urla agghiaccianti di mia madre. Sentivo il mio cuore pulsare e il dolore acuirsi. Aprii gli occhi e urlai a pieni polmoni. Vidi Stef precipitarsi verso di me, chiuse quel cassetto e mi abbracciò. Crollai sul pavimento e mi lasciai cullare tra le sue braccia.

Dopo non so quanto tempo riuscii a riprendere coscienza delle mie capacità mentali. Stef mi guardava con tenerezza come aveva sempre fatto.

" Hai più sentito la dottoressa Rosa?" scossi la testa

" credo che dovresti chimarla" lo guardai truce

" Sto bene. Ho solo perso la testa per un attimo" tornai in piedi e mostrai di avere quel controllo che avevo mantenuto fino a quel momento.

" Potresti comunque farle una chiamata"

" Non starmi addosso Stef! Ho detto che sto bene e non ho altro da dire" gli stampai un bacio sulla guancia e mi rintanai nella mia stanza.

L'unico modo che conoscevo per mandare via tutta quella oscurità era scrivere, per questo presi dalla borsa il mio computer e misi nero su bianco ciò che gli altri chiamavano vita e io consideravo tragedia.

I successivi due giorni li trascorsi in casa, mi dedicai alle faccende domestiche e al mio libro ignorando le chiamate incessanti di Samuel. Pensavo che non ci sarebbe voluto molto prima che entrasse nel panico a districarsi tra il lavoro e una bambina da accudire ma il fatto che avesse cominciato la sfilza di chiamate e messaggio solo dopo due ore avermi trattata come un reietto mi aveva sorpresa. Lessi l'ennesimo messaggio disperato << ti chiamo da due giorni, ti prego rispondi..>> sbuffai pensando alle sue parole patetiche.

Chiamai Stef che si trovava a Milano per lavoro e lo avvertii che quando sarebbe tornato avrebbe trovato la casa limpida come mai prima. La nostra breve chiacchierata mi fece tornare indietro nel tempo a quando Stef ed io ci rinchiudevamo nella mia stanza e parlavamo di tutto ciò ci frullasse per la mente. I nostri sogni erano i nostri argomenti preferiti; lui immaginava di essere un fotografo di fama mondiale che girovagava per tutto il mondo mentre io sarei stata una scrittrice di best seller. È un peccato che il sogno di quella ragazzina di dieci anni fosse stato occultato dalla bruttezza della quotidianità.

Il suono del campanello mi fece sobbalzare facendo rovesciare il tè caldo sulla mia maglia.

" Cazzo!" imprecai contro quell'intruso per avermi fatto scottare. Mi chiesi chi diavolo fosse così pazzo da mettersi in cammino con la pioggia torrenziale che cadeva fuori.

Spalancai la porta arrabbiata e sussultai alla vista di un demone zuppo dalla testa ai piedi.

" Beatrice ti prego ho bisogno di parlarti"

La faccia da cane bastonato e il fatto che sembrava avesse attraversato a nuoto lo Stige per venire fino a qui mi fecero provare pietà.

" Entra demonio, prima che ti becchi un malanno" lui mi sorrise appena ma io non mi feci influenzare dal suo magnetismo.

Lui tolse la sua giacca bagnata mentre io recuperai una maglia e un pantalone asciutto dalla camera del mio coinquilino.

" va a cambiarti" gli tesi i vestiti e senza proferir parola e a testa bassa si avviò verso il bagno. Se non avessi conosciuto il vero Samuel mi sarebbe sembrato timido.

Una Divina TragediaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora