Era la prima volta dopo tanto tempo che metteva piede in un ristorante che non aveva sedie di plastica intorno a un tavolo di legno traballante. Non aveva mai avuto una luce singolare già dal mercante che cucinava davanti ai suoi occhi. Non c'erano bambini che correvano in giro i grilli che cantavano, l'accendino moderno che utilizzavano non era neanche lontanamente vicino a ciò che c'era l'assù. Gli odori dei cereali non incidevano l'aria. Non vedeva le solite facce, come quella di Taehyung, Yoongi o di te. E le stelle non poteva vederle.
Quel ristorante aveva un tetto fisico, decorato con lampadari dorati e nuvole viola dipinte. Voci basse riempivano la stanza. Le loro labbra parlavano di affari, notizie politica, eventi mondiali e denaro. Non era abituato a sentire discorsi del genere, era abitato a parole scherzose e battibecchi su chi avesse le spalle più larghe. Il suo petto si strinse, ma continuò a camminare in avanti.
I suoi genitori gli avevano chiesto di andare a cena con Hye Soo. L'attrice camminava al suo fianco. Stava scrivendo al telefono. Non aveva bisogno di guardare per vedere chi fosse e non aveva bisogno di sapere a chi appartenesse il suo cuore. Per qualche ragione, non l'aveva interrogata, gli sembrava sbagliato chiederle della sua vita personale quando il suo cuore non era nemmeno lì con lui. Era qualcosa con cui avrebbe dovuto convivere, almeno finchè lei non avesse rotto con lui. Forse allora avrebbe trovato il coraggio di tornare dove voleva davvero essere. Ma prima voleva dare una possibilità ai suoi genitori.
Li aveva giudicati troppo presto. Facendo le sue ricerche. Scoprì che erano davvero persone impegnate. I suoi genitori avevano iniziato con una piccola casa editrice che non aveva riscontrato molto successo in pubblico. Questo fino a quando Namjoon arrivò e pubblicò il suo primo libro d'amore. Il successo era salito alle stelle e molte emittenti televisive lo avevano subito contattato per un live-action. La casa editrice era cresciuta in modo esponenziale e i suoi genitori dedicarono così la loro vita diventando i suoi agenti, manager e custodi. Avrebbe dovuto essere grato per tutto quello che avevano fatto per lui. Se solo si fosse ricordato.
E se avesse potuto ricordare, forse avrebbe potuto ringraziarli. Non lo abbracciarono quando arrivò al tavolo, non gli chiesero se avesse bisogno di qualcosa, non gli chiesero nemmeno come stava. Se solo avesse potuto ricordare, allora si sarebbe salvato di nuovo da quella delusione. Hye Soo mise via il telefono e fece scivolare le braccia intorno a una di quelle di Namjoon. Lui ansimò un po, non rendendosi conto di quanto fosse forte il suo profumo. Ancora una volta, non sentiva altro che freddo a quel tocco.
I suoi genitori sedevamo immobili ai loro posti, mentre parlavano sottovoce prima del loro arrico. Notizie, politica e soldi. Annuirono tra di loro, e lui si convinse a sedersi con loro. "Sei in ritardo," grugnì suo padre.
"Scusami," borbottò Namjoon. Non aveva intenzione di arrivare in ritardo, ma era perché Hye Soo non era tornata a casa in tempo. A quanto pare le riprese erano andate oltre il tempo, ma sapeva meglio di chiunque altro quale fosse la verità. Suo padre sospirò e chiamò il cameriere. Mentre suo padre ordinava, Namjoon tenne la bocca chiusa. Era sopraffatto dalle parole straniere che uscivano dalle sue labbra. Tutto quello che Namjoo voleva in quel momento era una ciotola di riso e il kimchi di Halmeoni. Non avrebbe dovuto nominarla, anche se la stava solo pensando. Allo stesso modo, non avrebbe dovuto pensare a te ogni volta che ne aveva l'occasione. Era un'abitudine, pericolosa.
Quando arrivò il cibo, Namjoon fissò le lussuriose presentazioni dei piatti. L'aroma si infiltrò nel suo naso ma lo fece accigliare. Non era di suo gusto e non sapeva nemmeno che cosa fosse. "C'è un altro motivo per cui vi abbiamo invitato a cena stasera," parlò sua madre. La sua voce era delicata e mangiava lentamente per mostrare il meno possibile le linee sottili delle rughe.
"Okay," rispose Namjoon con esitazione.
"Sono sicuro che entrambi siete consapevoli del fatto che vi frequentate da molto tempo e che questa relazione ha aiutato entrambe le vostre carriere." Hye Soo annuì, sentendosi orgogliosa dei suoi successi che si era ingannata facendo credere di averli raggiunti da sola. "Quindi stavamo pensando che fosse l'ora che la vostra relazione passasse ad un passo successivo."
Le spalle di Namjoon iniziarono a crollare e il sudore si formò sui suoi palmi delle mani. Hye Soo si posizionò un po più comoda sulla sedia, aspettando il destino che avrebbe deciso i prossimi giorni. "Okay," disse lui ancora una volta.
"Vogliamo che vi sposiate."
Le conversazioni che non aveva riuscito a sentire intorno a lui gli annegavano le orecchie in quel momento. Accanto a lui, Hye Soo lasciò cadere il suo cucchiaio d'argento. La gente si girò per il trambusto, ma preso si rivoltarono indietro perché infondo non erano affari loro. Era così che funzionava la città. Namjoon non sentiva nulla, non si permetteva di sentirsi triste o arrabbiato, questa era la sua vita.
"Sposarci?" chiese Namjoon. L'unione di due amanti legati da parole e desideri. Entrambi i quali mancavano a Namjoon con Hye Soo.
"Aumenterà le vendite dei tuoi libri e anche la popolarità di Hye Soo, è una vittoria per entrambi," continuò suo padre. Hye Soo annuì lentamente. Sembrava che i suoi genitori non sapessero delle loro ricadute, o forse lo sapevano ma preferivano non affrontare il fatto. Ad ogni modo, entrambi non avevano la voce per dire di no. Sarebbe stata una vittoria per entrambi. Hye Soo sarebbe stata libera di fare ciò che voleva, e Namjoon sarebbe rimasto permanentemente legato a quella città. Non ti avrebbe più pensato. Una vittoria per tutti. Quindi annuì.
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ʀᴇғʟᴇᴄᴛɪᴏɴ - ᴋɪᴍ ɴᴀᴍᴊᴏᴏɴ [ᴛʀᴀᴅᴜᴢɪᴏɴᴇ ɪᴛᴀʟɪᴀɴᴀ]
Fanfiction[COMPLETATA] Un uomo perduto senza ricordi del suo passato. Una semplice infermiera con una vita semplice. Non avevi mai pensato che potesse esistere un brav'uomo, figuriamoci uno che sarebbe apparso dal nulla di fronte a te. Era troppo bello per es...