Eleven

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"Ed è quando ti accorgi che anche il sonno ti abbandona che ti senti veramente solo

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"Ed è quando ti accorgi che anche il sonno ti abbandona che ti senti veramente solo."
-Marco Mainetti

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È come, una tela da tessere.

La vita di allora mi permise di ricamare qualsiasi colore era di mio gradimento.
Un miscuglio, tra i colori più accesi che rispecchiavano la mia felicità a quelli più spenti i problemi, che seppur futili, continuavano a perseguitarmi, creavano così un arcobaleno.

Ma più tessevo, più i colori si aggiungevano e si alternavano, e più io mi ritrovai in sovraccarico.
Così fui costretta a fermarmi.
Perché nel mentre che la tela rispecchiava la magnificenza, i fili che ancora dovevano essere utilizzati per l'opera, si erano intrecciati, creando subbuglio a quello che sarebbe dovuto essere uno degli spettacoli più belli che la vita avesse potuto regalarmi.

Ed io tiravo i fili, perché non volevo che la composizione della mia tela si fermasse, lasciando l'opera incompleta.
Ed io tiravo i fili, perché non volevo smetterla di provare emozioni, sensazioni, belle o brutte che fossero.
Ed io tiravo quei fili, stringendo i nodi, rendendo il groviglio ancora più impossibile da sciogliere.

Fino a quando i primi fili non si spezzano, fino al giorno della sua morte.
E giorno dopo giorno, quando mi sento maggiormente un'estranea, continuo a tirare quei fili rimanenti, sperando che possa tornare a tessere.
Sperando di poter tornare a sentire qualcosa.

Ma non mi rendo conto che il continuare a spezzare i fili, non fa altro che aumentare il mio distacco di percezione dalla realtà.

E in questo momento era proprio così che mi sentivo, non riuscivo a tornare in me.

Mentre Jack aveva una presa salda sul mio braccio, che si era messo sopra al collo per sorreggermi nel miglior modo possibile, dirigendosi a passo svelto verso il ripostiglio con l'amico, suppongo medico, alle calcagna, io non riuscivo a non vedere quella scena dall'esterno.

Non riuscivo a tornare in me.

Nemmeno mi accorsi del momento in cui mi posarono sulla panchina, incominciando a togliere le fasce sporche dalle mie mani, mentre l'altro prova ad avvicinarsi al mio viso.
~Lasciami stare.~ il mio esce più come un sussurro incomprensibile, mentre cerco di spostare la faccia dall'altro lato.
Ma non capisco se sono davvero io a rendere quelle parole incomprensibili o è la faccia da coglione davanti a me a non aver capito.
~Sta fermo.~ un altro sussurro, nella speranza che questa volta si tolga, ma ciò non avviene, facendomi ribollire ancora di più dalla rabbia.
~Ho detto di non toccarmi cazzo!~
Il povero mal capitato, stavolta, mi sente forte e chiaro.
Spaventato, si scansa, rimettendosi in piedi e guardando Jack non sapendo cosa fare.

~Ruby, va tutto bene.- adesso mi ritrovo lui davanti, che mi sorride lievemente mentre mi accarezza la testa con la mano che non stringe la mia -Non sei più lì sopra, ritorna in te. Lui è solo un vecchio amico che vuole controllare che non ci sia nulla di rotto. Va tutto bene.~
Continua a ripeterlo, continua a ripetere che sia tutto ok, mentre mi finisce di togliere entrambe le fasce, lasciando vedere solo le mie mani ricoperte da piccole macchie violacee.
Senza pensarci due volte, le immergo nel secchio ripieno di ghiaccio che avrà preso mentre entravamo qui.

Sospiri dell'AnimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora