Twenty-Five

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"La gentilezza delle parole crea fiducia

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"La gentilezza delle parole crea fiducia. La gentilezza di pensieri crea profondità. La gentilezza nel donare crea amore.
La gentilezza di un tocco crea l'orgasmo."
-Lao Tse

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È passata una settimana.

Una settimana in cui mi sono segregata dentro me stessa, facendo quello che ritenevo giusto per me.
Ho alternato le mie giornate passandole ad allenarmi, andando al bar e dormendo, e se ero fortunata, passavo qualche notte consumando con qualcuno.
Il lupo perde il pelo ma non il vizio, e io non avevo perso la speranza nel provare a sentire le stesse scintille di cui tutti parlavano e che, per un attimo, ho anche percepito con Carter.
Speravo che fosse una cosa dettata dal momento, invece mi sono ritrovata ancora una volta a vedere gli altri bruciare mentre il mio corpo rimaneva insensibile, così dopo un paio di volte ero tornata a rifiutare le avance di uomini giovani che cercavano un po' di divertimento, preservando il mio corpo da altre erosioni che molto probabilmente mi avrebbero portato ad odiare me stessa e il mio corpo.

Non avendo un orario stabile o preciso, avevo la possibilità di svegliarmi quando il mio corpo voleva, invece ora sono costretta a spegnere la sveglia sul telefono, mentre le sinapsi del cervello cercano di mandarmi gli impulsi per alzarmi dal letto.
Oggi è il primo giorno di scuola dopo le vacanze invernali.
Il telefono vibra di nuovo, e non per la sveglia, segnalando l'arrivo di una chiamata.
Mi porto il telefono direttamente all'orecchio, senza leggere il nome per il pensieri di per se troppo fastidioso della luce negli occhi.
Non ho nemmeno il tempo di rispondere che una voce acuta e alta mi perfora il timpano.
~Buongiorno raggio di sole, luce dei miei occhi e nutella del mio pane!~ urla Rosalynn, come se fosse normale urlare a telefono a quest'ora del mattino.

Ros è stata l'unica, in questi giorni, a rimanere in contatto con me, inizialmente ho provato ad ignorare i suoi messaggi, ma poi me la sono ritrovata di nuovo davanti casa con i suoi occhioni spalancati e terrorizzati, e quando si è assicurata che non mi fosse successo niente mi ha riempito di parole poco carine e gentili, spiegandomi il modo in cui l'ho letteralmente spaventata fino a farla riempire di paranoie.
Secondo la sua testolina, sono capace di farmi uccidere o finire nei guai, una cosa vale l'altra, ma avevo spinto la sua preoccupazione a livelli così alti che, se non fosse venuta a controllare di persona, sarebbe morta stecchita, parole sue.
Fatto sta che dopo averla rassicurata e invitata a cenare da me per farmi perdonare, non ho più ignorato i suoi messaggi e le sue chiamate, o almeno, le rispondevo appena potevo.
Si è preoccupata ogni ora del giorno, minacciandomi più volte di trasferirsi a casa mia se fosse stato necessario per la mia incolumità, e per evitare questo mi sono prodigata a minacciarla a mia volta.
Per un attimo con lei che mi regalava queste attenzioni, ho quasi creduto reale la possibilità che ci tenesse a me, che mi volesse bene, era costante il suo interesse nel farmelo capire, ha provato a farmi uscire, a distrarmi dagli impegni e dagli scopi che mi ero prefissata di raggiungere, aveva anche richiesto la mia presenza a casa sua l'ultimo dell'anno, per festeggiare con lei la chiusura del vecchio e l'inizio di un nuovo e, a detta sua, stimolante anno.
Ma io non avevo nulla da festeggiare, o meglio, non ne avevo voglia, non se dovevo sentirmi la terza in comodo tra padre e figlia, così avevo rifiutato trovandomi la scusa più credibile.
"Devo festeggiare con Iris" gli avevo detto, e avrei voluto che fosse così, invece avevo passato un'altra serata a lavorare nel locale di Jack con il solito via vai di clienti squallidi che non avevano famiglia o voglia di vedere nessuno se non una birra o un bicchiere di whisky servito da me, con la compagnia delle prostitute che giravano per il locale per guadagnare qualcosa anche in quei giorni.

Sospiri dell'AnimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora