11: crederci

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tw: sangue/blood
(la sua presenza, anche se minime quantità, potrebbe urtare i lettori più sensibili)

Sooyun

«Sono a casa» esclamai, lasciando le scarpe all'entrata e infilando le pantofole.

Mi guardai intorno, cercando mia madre che, di solito, a quell'ora era sempre a casa. La sala e la cucina erano vuote, le luci erano spente. Trattenni un sospiro. Poteva essere solo in un posto: il suo ufficio.

Attraversai il corridoio e bussai due volte. Aspettai davanti la porta, sperando di sentire la sua voce. Mia madre non rispose, rimase in silenzio. Oltre la porta sentivo il fruscio dei fogli e i tasti battuti del computer fisso. Sapevo perfettamente che c'era, anche se lei cercava di nasconderlo, anche se non se ne curava. Non mi serviva sentirla al di là della porta per saperlo. Era sempre così.

Afferrai la maniglia e la abbassai, aprendo di poco la porta. Guardai all'interno e la vidi seduta alla scrivania al centro della stanza, circondata da cartelle, spillatrice e penne. Il computer fisso la copriva in parte, mentre scriveva al computer, la luce dello schermo che le rifletteva sugli occhiali da riposo.

«Mamma, sono tornata» mormorai, sapendo già cosa mi avrebbe detto.

Non spostò neanche lo sguardo dai tratti occidentali dallo schermo, le mani non si fermarono dallo scrivere sulla tastiera «Ti avevo sentito, Sooyun»

«Scusami» mormorai, facendo per ritirarmi.

«Sooyun» mi richiamò, le rotelle della sedia girevole che si spostavano. Quando sollevai la testa china per guardarla, mi accorsi che si era spostata e aveva smesso di lavorare per dirmi con l'espressione seria «Ho saputo che hai saltato l'ora di educazione fisica oggi. Perché lo hai fatto? È ancora per la stessa storia?» sospirò e si portò la mano alla fronte «Sooyun, quante volte ti ho detto di smetterla? È tutto nella tua testa, non puoi pretendere che gli altri chiudano un occhio ogni volta che ti fai trasportare da certe fantasie»

Abbassai lo sguardo «Scusami, non salterò più le ore, di qualsiasi materia. Lo prometto»

«Le tue promesse non mi servono a niente. Mettiti soltanto in testa che devi smetterla di coinvolgere tutti in queste sciocchezze. Hai una malattia? Tesoro, non è vero niente» fece una smorfia e tornò a lavorare «Che figlia ingrata, e poi dicono che un figlio unico è sempre viziato. Queste tecniche per attirare l'attenzione non attaccano più, danno soltanto fastidio. Quando aprirai gli occhi?»

Strinsi le mani, conficcando le unghie nella pelle «Mi dispiace» sussurrai.

«Vai di sopra a studiare, cerca almeno di prendere dei buoni voti, non quella mediocrità che presenti ogni volta» afferrai la maniglia e mi tirai dietro la porta mentre uscivo «E chiudila bene»

Ubbidii e salii le scale, cercando di soffocare la tristezza che sentivo prendere vita dentro. Arrivata al piano superiore, camminai fino a raggiungere la prima porta a sinistra ed entrai nella mia stanza. Poggiai lo zaino a terra e tolsi la giacca della divisa, appendendola alla stampella. Mi sedetti alla scrivania e afferrai i quaderni per iniziare i compiti. Poggiai la testa sulla mano, sentendomi demoralizzata.

Erano mesi, forse più di un anno, che sapevo che i miei non mi credevano più, anche se non sapevo da quanto non lo facessero. Da piccola mi avevano sempre aiutata, cercando di calmarmi quando mi agitavo troppo a causa del dolore. Avevano cercato medici esperti, professionisti, mi avevano fatta visitare in molti posti. Dopo avevano deciso che era meglio lasciar perdere, lasciare le cose come stavamo, che potevo cavarmela da sola. Non avevano fatto nulla, avevano solo iniziato a darmi la colpa per il modo in cui mi sentivo. Molte volte mi ero chiesta "Perché? Perché a me?". Avevo cercato di non piangere e accettare quello che avevo, quello che loro pensavano di me e quello che credevano gli altri. Nessuno aveva mai voluto credermi, ascoltarmi, nessuno voleva comprendere. Solo Taehyun mi aveva creduto. Mi sorse un dubbio. Lo aveva fatto per pietà? Gli facevo pena? Era un modo per prendermi in giro? Eppure le sue parole erano così sincere, così vere. Se solo anche i miei genitori mi avessero creduto...

Rebuild Me || TXTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora