CAPITOLO 31

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Se fino ad una settimana prima potevo dire di essere nel più bello dei sogni in quel momento mi ero ritrovato catapultato in quello che sarebbe stato il peggiore dei miei incubi.

Era stato difficile affrontare il primo mese di sessione: una corsa contro il tempo, solo libri e studio. Chiaramente mi ero preso del tempo per me stesso, così come mi ero ritagliato del tempo da poter passare con Tae.

E in quel momento, mentre cercavo di sistemare gli appunti e non restare indietro con le nuove lezioni, i miei pensieri erano tutti rivolti a lui.

Nel mese passato si era stressato tanto, troppo. Mi aveva giurato che era stato solo per l'esame, che non mi dovevo preoccupare e che non sarebbe stato più così. Aveva detto "è un esame difficile e devo passarlo con un voto alto, per il prossimo sarà differente". Lo aveva detto, ma non era stato così. L'esame era passato, eppure sul suo volto si erano già riformate quelle occhiaie che, in realtà, non se ne erano mai andate del tutto.

Inutile dire che il mio umore era nettamente alterato. Ero nervoso, quasi arrabbiato per quella situazione che si era venuta a creare senza che neanche me ne rendessi conto. Ero confuso dal suo comportamento ed ero frustato per la mia mancata concentrazione nello studio. Ma come potevo sperare di concentrarmi dopo quello che era successo la sera prima?

"Fanculo" sospirai alzandomi dalla scrivania. Ero stanco e nervoso. Non avrei concluso nulla neanche se fossi rimasto altre cinque ore su quei libri. Mi misi le scarpe da ginnastica ed uscii.

Correre mi aiutava sempre. Le mie gambe si muovevano sempre più veloce e la mia mente si svuotava. Eppure in quel momento non riuscivo a non pensare, nonostante fosse l'unica cosa che avrei voluto fare.

Nella mia testa era vivida l'immagine del viso rabbuiato di Tae della sera precedente. Era stata una serata normale, non era successo nulla di particolare, fino a che il suo telefono non era squillato. Era sua madre. Di nuovo.

E mentre correvo l'aria mi bruciava la gola e gli occhi iniziarono a pizzicarmi. Avrei voluto incolpare l'inizio della primavera, un'allergia al polline che però non avevo. La verità era che non riuscivo a non ripensare alla serata appena passata e a come le cose fossero precipitate senza che me ne accorgessi.

Abbassai la testa e appoggiai le mani alle ginocchia tendando di riprendere fiato. Un vano tentativo di scacciare le lacrime che minacciavano di solcarmi il volto da un momento all'altro.

"Jungkook?"

Non avevo bisogno di nessuno, volevo solo starmene da solo. Ecco perché ero uscito, ecco perché avevo evitato le domande del mio compagno di stanza. Non ne volevo parlare, ma come sempre mi sbagliavo. Perché era vero che non ne avessi voglia, ma ne avevo un disperato bisogno. E probabilmente in quel momento la sua era l'unica voce a cui avrei risposto, l'unica persona con cui mi sarei aperto, ma ero troppo orgoglioso per chiedere aiuto.

"Minso, che fai in giro?"

"In realtà stavo andando da P...ma dati i tuoi occhi arrossati direi che il mio pomeriggio subirà un cambio di piani."

Mi sfregai gli occhi per eliminare quella patina lucida che li rivestiva. "Ma che dici? Non preoccuparti, va tutto bene" abbozzai un sorriso.

"Jungkook non sono scema dai, andiamo da me, ti va? Hai chiaramente bisogno di parlare con qualcuno e un bar non mi sembra il posto giusto."

"Io...grazie".

"Non mi devi ringraziare. Dai vieni."

Cedetti, perché in fondo sapevo che mi avrebbe fatto bene nonostante la mia testardaggine. Avrei voluto cavarmela da solo, non era nulla di grave in fondo. Il peso che sentivo sul petto in quel momento non sarebbe stato nulla in confronto a quello che avrei provato un paio di settimane dopo.

Cherry tea - TAEKOOKDove le storie prendono vita. Scoprilo ora