CAPITOLO 28

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Il tempo è strano.

Sarebbe meglio dire che erano passati già cinque mesi o che erano passati solo cinque mesi?

Un tempo relativamente corto, ma anche abbastanza lungo per concedermi di provare tutte quelle emozioni. Mi ero ormai affezionato a tutte le persone che avevo avuto l'onore di conoscere. E tra quelle amicizie che ero riuscito a stringere da quando ero arrivato ce n'era una in particolare, che era cresciuta assieme alla consapevolezza che, il termine amicizia, non fosse più adatto per descriverla.

Cinque mesi. Centocinquanta giorni. Tremilaseicento ore.

Un tempo lungo, ma non abbastanza. Il tempo alla fine cos'è se non una cosa relativa? Un mese di lezioni può sembrare infinito, uno di vacanza cortissimo. Quello che avevo passato con Tae mi era sembrato perfetto. Il tempo che ci restava mi sarebbe presto sembrato troppo poco.





Tanto era stato il tempo che avevo impiegato a cercare di non farmi scappare quelle due parole, quanto breve mi sembrò l'attimo in cui effettivamente avevo detto a Taehyung di amarlo. Seppur fugaci avevo rivissuto quei minuti in loop nella mia testa la mattina seguente. La testa rivolta a guardare fuori dal finestrino del vagone del treno, ma invece che vedere il paesaggio scorrermi veloce vicino, io vedevo solo i suoi occhi scuri brillare nei miei.

La mattina dopo la dichiarazione ero partito per Busan. Volevo festeggiare anche con la mia famiglia quel piccolo traguardo, quella prima promozione, e poi, in realtà, mi mancavano tutti. Avevo vissuto per tutta la mia vita con i miei genitori e per quanto mi fossi adattato bene a Seoul non avevo ancora tagliato definitivamente il cordone ombelicale.

Non era stato un viaggio lungo, giusto un paio di giorni per rivedere la mia famiglia e qualche amico. Nonostante ciò, a detta di Taehyung, quei tre giorni gli erano sembrati infiniti. Per cui quel martedì, sin dal momento in cui avevo messo piede in casa sua, non aveva fatto altro che starmi più appicciato del solito.

"Tae...dai..."

Il mio ragazzo ignorò totalmente la mia implicita richiesta di darmi lo spazio vitale di cui necessitavo e continuò a baciarmi il collo passando le mani sul mio petto. Non che mi dispiacesse, anzi, adoravo tutte le attenzioni che mi dava...anche queste...soprattutto queste. Ma quello non era il momento, dovevamo uscire per andare a cena poco dopo e, soprattutto, eravamo nel salotto del suo appartamento. Lo stesso salotto su cui affacciava il bagno, stanza dalla quale Jimin sarebbe presto uscito, una volta finita una delle sue infinite docce.

"Jimin uscirà tra poco, vuoi veramente che ci veda nudi sul suo divano?"

Tae mi lasciò un bacio a stampo alzandomi il mento con due dita con il suo solito sorrisetto malizioso stampato in volto. "E' anche il mio divano, e poi mi ha già visto nudo."

Gli tirai un pugno sul braccio allontanandolo da me. "Sì, ma non ha visto me e ci tengo che resti così questa cosa."

Il suono della sua risata venne interrotto dal cigolio della porta del bagno che, come previsto, si stava aprendo rivelando un Jimin, come sempre, mezzo nudo.

"Ma voi fate sempre tutto questo casino?" chiese Jimin dirigendosi verso la camera senza aspettare una risposta.

Tae mi guardò restando in silenzio per qualche secondo.

"Non osare" gli dissi puntandogli il dito contro.

"Ma – "

"No."

Cherry tea - TAEKOOKDove le storie prendono vita. Scoprilo ora