Capitolo 3.

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CLARISSA'S POV:

Arrivata in caserma un poliziotto mi accompagna in cella e mi informa che devo aspettare che il commissario mi chiami per raccontare la mia versione dei fatti.
Ma io non ho una versione dei fatti, io sono innocente.
Non passa molto tempo fortunatamente che subito vengo richiamata.
"Clarissa Parisi?" - mi richiama il poliziotto.
"Sì, sono io." - rispondo avvicinandomi alle sbarre.
"Venga con me." - apre la cella e mi fa segno di seguirlo, anche se mi è difficile farlo sui tacchi alti.
Entro nella stanza del commissario, il quale credo stia leggendo il mio fascicolo.
"Perché la figlia di un avvocato sente la necessità di spacciare droga?" - mi chiede direttamente il commissario.
" Quella droga non era mia, lo giuro." - affermo con sicurezza.
"Sì, di solito dicono tutti così." - lui rotea gli occhi.
"Ma io sto dicendo la verità." - mi agito sulla sedia.
"Sì, di solito dicono anche questo. Voglio sapere realmente cos' è successo, altrimenti verrai portata all'IPM e ci restai per molto tempo."- quest'ultima frase mi fa quasi cascare dalla sedia.
"Cosa?! No. Chiamate mio padre, lui saprà spiegarvi la situazione." - lo supplico.
"Bene se non hai nient'altro da dire. Portatela dentro." - dice alla guardia alle mie spalle.
"Sono innocente, lo giuro." - continuo a dire mentre il poliziotto mi tira per un braccio per riportarmi in cella.
Mi siedo sulla panchina fredda, e lì da sola inizio a singhiozzare. Non è possibile che io sia qui, non riesco a capire come sia potuta finire dentro la mia borsa quella droga, non ne ho mai visto neanche un grammo in vita mia.

Passa poco più di un'ora, e nella cella viene portata un 'altra ragazza, mi affretto ad asciugare al meglio che posso le lacrime.
È bassa e minuta, indossa una tuta nera e delle scarpette delle nike. Ha lo sguardo arrabbiato e come biasimarla, anch'io non vorrei essere qui.
Inizia ad urlare e la sua voce mi fa sobbalzare, dice di voler parlare con un familiare ma la guardia gli dice di no. Stessa identica cosa che hanno detto a me, siamo legate dallo stesso destino.





ANITA'S POV:

Vengo portata in commissariato, e messa in cella insieme ad una ragazza, siamo solo tutt' e due.
Ha il viso inondato dalla lacrime con il trucco che ormai le si è sparso un po' ovunque, i capelli biondi ramati sono in totale disordine. Dal suo abbigliamento deduco stia arrivando da una festa, mi dispiace per lei ma sicuramente non avrà fatto nulla di grave e domani mattina sarà già a casa sua .
Per quanto riguarda me è un po' più complicato, mi devo assumere tutte le responsabilità di quello che è accaduto stasera. Vorranno ricollegare la vicenda alla mia famiglia ma non lo permetterò, la mia versione sarà che è stata una bravata di una ragazzina di 16 anni.
Molto probabilmente sarò portata nell' IMP di Nisida, dove c'è anche mio fratello Ciro, il quale impazzerà vedendomi arrivare perché nessuno della mia famiglia voleva questo per me.
Devo anche parlare con mio fratello Pietro, conoscendolo sarà arrabbiatissimo con me e soprattutto con i ragazzi che mi hanno lasciata indietro.
"Agente!"- grido per attirare l'attenzione del poliziotto di guardia, e la ragazzina di fronte a me sobbalza.
"Che c'è?"- mi chiede l'agente senza neanche alzarsi dalla sedia.
"Ho urgente bisogno di fare una chiamata."- gli rispondo e lui si mette a ridere.
"Non puoi."- taglia corto.
"Lo sapete che sono minorenne e non potete trattenermi qui senza prima aver parlato con un mio tutore."- ringhio a denti stretti.
"Potrai parlare con i tuoi genitori solo dopo aver parlato con il commissario ."- mi spiega lui.
"E quando parlerò con il commissario?"- continuo a chiedere.
Ma proprio in quel momento un altro agente entra nella stanza.
"Anita Ricci?- chiede ed io scatto in piedi - il commissario è pronto a riceverti."
"Jam guagliuncè così la smetti di lamentarti."- mi dice l'altro poliziotto che adesso si è alzato per venire ad aprire la cella.

Quando entro nella stanza del commissario, quest'ultimo mi fa segno di sedermi sulla sedia posta di fronte a lui. È un uomo sulla cinquantina basso e in sovrappeso, non ho mai avuto paura delle guardie, neanche quando hanno portato via mio padre davanti ai miei occhi.
"Anita Ricci."- il commissario legge ad alta voce il mio nome che è stato scritto sulla mia scheda.
"Mi vuoi raccontare tu quello che è successo?" - chiede portando lo sguardo su di me.
"Volevo fare un po' di casino."- scrollo le spalle.
"E così una ragazzina di 16 anni per fare un po' di casino si sveglia in piena notte e va a distruggere un panificio?"- mi chiede agitando le mani davanti al viso.
"Ognuno ha i propri modi per divertirsi." - fingo indifferenza.
"Senti ragazzina ti dirò io com'è andata realmente. Tuo fratello, figlio di Salvatore Ricci, ti ha comandato a te insieme ad altri ragazzini di distruggere il panificio dei Russo solo perché non voleva pagare il pizzo, non è così?" - Mi chiede lui cercando di convincermi a parlare ma io non mi smuovo.
"Questa è la sua versione dei fatti, ma non combacia con la mia." - Ribatto.
"Se parli ora possiamo aiutarti, dopo sarà troppo tardi." - continua lui.
"Vi ho detto già quello che è successo." - mi metto le mani in tasca per evitare di tirargli un punto dritto in faccia, è pazzo se pensa che accuserò mio fratello.
"Portatela all'IMP." - ordina al poliziotto che è stato tutto il tempo lì con noi.
"Posso fare una telefonata?" - chiedo cercando di restare più calma possibile.
"Tua madre sarà avvisata da noi su dove ti trovi."- mi dice il commissario facendomi segno di uscire dalla stanza.
Ora non so proprio come contattare Pietro, spero solo non abbia già fatto qualche cazzata.


ODIJ E AMMORE // MARE FUORIWhere stories live. Discover now