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"la bocca parla, ma il tuo corpo non reagisce ai comandi che gli impartisci."

Mattheo

oggi avrei dovuto partecipare come al solito a quei dannati allenamenti di quidditch, come se cinque volte a settimana non bastassero, comprendendo l'unico giorno in cui non dovevo pensare a quelle lezioni del cazzo, il sabato.

e ogni volta mi passava la voglia, avendo a che fare con quel moccioso miliardario come capitato. vedere la sua faccia mi istigava all'omicidio, in più il suo bacchettarci a suo piacimento con la soddisfazione che nessuno potesse ribattere mi dava sui nervi.

tanto non sarebbe mai stato capace di buttarmi fuori, ero indispensabile e nessuno era migliore di me. quindi mi divertivo a fare di testa mia.

aprì il borsone svogliatamente e ci infilai ciò che mi sarebbe stato utile per la partita simulata. accertandomi per la seconda volta che avessi tutto a disposizione, qualcuno d'un tratto aprì la porta della mia camera.

"ti dico ogni cazzo di volta di bussare" ringhiai scocciato, chiudendo la cerniera.

"non fai la medesima cosa con me"

"perché io posso fare quello che voglio" dissi con fare ovvio, appoggiando il borsone sul letto. "che vuoi?" afferrai la borraccia d'acqua dal tappeto e lo portai alle labbra.

julien si appoggiò alla porta e sfilò l'anello al dito. lo guardò accuratamente per poi puntare lo sguardo nel mio. ciò annunciava l'inizio di una bufera, stava per dirmi qualcosa che mi avrebbe mandato a puttane i neuroni.

"edra dopo oggi non sarà più tanto vergine" ostentò un viso sinistro a quella confessione e sentì di precipitare in un buco senza un fondo.

Edra

sentii un peso al petto, un groviglio di spine che graffiava la mia anima, il cuore pompava sangue con velocità, sbatteva contro la cassa toracica disperata. portai una mano al petto, in cerca di affievolire il trambusto dentro di me, e mi sedetti sul bordo del letto.

mattheo ebbe una reazione fuorché normale, avevo paura di sentire le mattonelle, in porcellana, tremare sotto ai suoi piedi. la sua rabbia incontrollata alla possibilità che avessi donato il mio corpo a qualcuno che non fosse lui, lo mandò in collera.

ed era così dannatamente contraddittorio quel suo capriccio egoista, perché come poteva dargli fastidio se continuavamo a bisticciare e odiarci?

dopo quella sera mi umiliò e si prese beffe di me in molteplici scherzi di poco gusto. rinchiusa in uno sgabuzzino per un intera notata, colazioni e pranzi colmi di insetti, divise tagliate e bruciate, insulti gratuiti da lui e da altri alunni.

ne ero stufa.

abbassai lo sguardo sul pavimento e notai delle scarpe di alta classe porsi di fronte a me, nonché appartenenti al ragazzo che assaggiò lembi della mia pelle, toccato parte del mio corpo proibiti e trasportata in un vortice di passione irrefrenabile.

non osai guardarlo nei suoi occhi di ghiaccio, per la troppa vergogna, e sentii le guance avvampare solo dalla poca distanza che ci divideva.

"ha le tue mutande" sospirò accomodandosi accanto a me.

"ho visto" strinsi il tessuto della gonna nervosa, affondando le unghie. "non voglio uscire" confessai con timore. mi sentivo come se fossi in una stanza privata di finestre e porte, non avendo alcuna scappatoia disponibile, rinchiusa in quel spazio microbo.

così riusciva a farmi sentire mattheo, un topo in trappola.

"hai paura..." afferrò il mio mento, indirizzando i miei ambra nei suoi celesti. "di riddle?" inarcò un sopracciglio costringendomi a rispondere.

sin Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora