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ti amerò per l'eternità. Ti toccherò dentro e rimarrò indelebile.

ASTORIA

Si era impossessato di quel bacio con la forza, lui che sembrava non avere conosciuto mai quel termine nei miei confronti. Con una rassegnata sopportazione era sempre stato comprensivo e paziente. E io dopo una lotta, una resistenza che la mia mente fingeva, la mia carne oscenamente mi tradì, lasciandomi a lui.

A quello che provavo.

Non potevo persistere a contrastarlo in eterno. Non potevo impedirmi quel benessere. Per la prima volta, dopo tanto, stavo davvero bene.

Per la prima volta i miei pensieri erano spariti. La voce di mio padre si era dissolta come polvere, la voce di mia sorella, quella più meritevole della famiglia, soppressa. Tutto ciò che mi rammentava che non avevo nulla di speciale e che sarei rimasta sempre una nullità, sgretolata.

E poi, come uno schiaffo in pieno volto, che scotta come la combustione di una sigaretta che ti ruzzola sulla pelle, piombai nella triste realtà.

Il portone si aprì e ci distanziammo in uno scatto. Davanti a noi si presenziò il signore oscuro, che ci osservava con uno sguardo di rimprovero. "Stavate discutendo?" Rimanemmo in silenzio, quasi come se avessimo perso l'uso della parola. "Perché di questa vostra improvvisa presenza? Dovete avvertirmi di qualcosa di rilevante o dovete sprecare il mio tempo?"

"Perdono per il disturbo mio signore, meditavamo nel dirle qualcosa di significativo ma abbiamo compreso che non era di vitale importanza."

In risposta assottigliò gli occhi, per poi passare la sua considerazione su di me, li avvertivo, e io di rimando sostenni la testa china per non mostrarmi. "È così?"

Uno dei miei rimpianti era aver dato il potere di schiacciarmi cosí tanto da farmi sentire costantemente non adeguata. E ci potevo provare, ci potevo provare davvero, solo che non ci riuscivo mai.

Ricadevo in quella ragnatela e mi sembrava di non avere via di uscita. Di non avere alcuna minima speranza o controllo. Non riuscivo a far digiunare la mia mente, a non assorbire pensieri inutili. E soprattutto non riuscivo a far digiunare il cuore, dal risentimento, dalla critica e dall'odio.

Qui a crogiolarmi in eterno issai la testa e mi punì. Perché era l'unica cosa in cui ero talentosa a fare.

"No mio signore. È significativo ciò che voglio dirle." Drizzai la schiena. "Voglio diventare una mangiamorte, anzi una dei nove."

Un lampo squarciò la stanza, accompagnato da un temporale che vibrava fin dentro le ossa. Theodore di certo era scosso, se non deluso da me. Ma io ero fatta così. Ero fatta male e non riuscivo a farne a meno.

"Mia cara." Un subdolo sorriso sinistro si palesò sul suo volto mentre la sua mano ossuta si tendeva verso di me, in attesa che la accogliessi per accettare il patto con il diavolo.

Lanciai un occhiata rapida alla reazione di nott, riuscendo solamente a intravedere un dolore misto a contrarietà e a un lieve rancore. Captavo il palato acre, la gola rendersi secca e il battito del cuore accelerare sempre più di quanto doveva.

In silenzio supplicai a un suo perdono. Supplicai di perdonare anche se stesso, di non sentirsi responsabile, di non essere così inferocito e darsi pace.

Appoggiai la mano sul suo palmo, approvando la mia condanna, e mi accompagnò all'interno del salone privato del secondo piano. "Sono entusiasta di questa tua scelta Astoria. Hai fatto un ottimo lavoro Nott, le hai mostrato la via per un futuro rilucente e gagliardo." Si posizionò di fronte a me ed estrasse la bacchetta dalla manica della sua toga. "Sai cosa consiste tutto ciò?"

sin Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora