Capitolo Due

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 "Mi raccomando, fai la brava" mia madre continua a blaterare da più di un'ora "Non bere, non fumare. E per favore sii prudente e se qualcosa non va, per favore, parlane con me" si volta a guardarmi, il terrore allo stato puro negli occhi.

"Sì mamma" guardo fuori dal finestrino

"Il college ti cambia" risponde preoccupata

"Fermati qui" le dico, e scendo velocemente dalla macchina.

Non ha fatto altro che parlare e parlare per quaranta minuti su tutto ciò che devo e non devo fare, di quali compagne io mi debba circondare per evitare che ricapiti ciò che è successo in passato e che per qualsiasi cosa di chiamare lei o il Dott. McHellen.

Quell'uomo avrà la nausea di me.

Annuisco distratta alle parole di mia madre. Come abbia fatto ad arrivare fino al campus senza scappare lungo la super strada solo Dio lo sa.

Apro il bagagliaio e prendo due valige, trascinandole verso la mia camera.

Mia madre continua a blaterare, ma non l'ascolto più.

Penso solo a quanto sarà bello non essere più costantemente controllata. So quanto sia difficile per mia madre questa separazione.

Più di una volta ha provato a propormi di rimanere a casa, e di raggiungere il college in treno.

Ovviamente ho rifiutato. Non solo perché sono stanca di essere tenuta sotto stretta sorveglianza, ma soprattutto perché a livello pratico non sarebbe fattibile. Sono più di quaranta minuti di viaggio.

Vorrebbe dire svegliarsi all'alba, correre a prendere il treno e sperare che non vi siano problemi lungo il tragitto.

So che per lei è difficile tutto questo, ma per una volta ho deciso di pensare me. Per far sì che io non impazzisca devo lasciare casa mia, trasferirmi lontano da mia madre e dai suoi comportamenti iperprotettivi.

Trascino faticosamente le valigie dalla macchina fino alla mia stanza, cercando di controllare le mie emozioni come mi ha insegnato il dott. McHellen. Mia madre continua incessantemente con le sue raccomandazioni, fino a quando non risale in macchina pronta a partire

"Ti voglio bene, lo sai?" Mi guarda, gli occhi pieni di lacrime

"Sì lo so mamma, anche io te ne voglio" mi sento terribilmente a disagio.

L'abbraccio un'ultima volta, poi la guardo allontanarsi finché di lei non rimane solo un puntino nero che svanisce all'orizzonte.

Mi sento opprimere. Il senso di colpa ancora mi soffoca. Il Dott. McHellen non ha fatto altro che ripetermi per anni che non serve provare certe emozioni, che certi gesti vengono fatti in momenti di poca lucidità. Non abbiamo colpe.

Ma come posso non sentirmi in colpa guardando mia madre andare via piangendo per la paura che accada di nuovo?

Scuoto la testa. Meglio godersi gli ultimi attimi di tranquillità prima che arrivi la mia coinquilina.

So solo il suo nome, Laureen.

Una mia cara amica dell'asilo si chiamava così.. Che sia un buon segno?

La prima cosa che si può notare non appena si entra nella camera è quanto sia luminosa: proprio in corrispondenza della porta, una grande finestra illumina la camera resa ancora più luminosa dalle spoglie pareti bianche.

Due letti ad una piazza sono sistemati lungo le pareti, seguiti da due tavoli che dovrebbero svolgere la funzione di scrivania. Sotto la scrivania alla sinistra, un piccolo frigo.

Quel posto lontano chiamato FelicitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora