Capitolo 36

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"Il coraggio non è avere la forza di andare avanti, è andare avanti quando non hai più forze"
- Napoleone Bonaparte

"Cosa ci fai nascosta lì Kate? Vieni a tavola"
"Non sono nascosta, non sono mica una bambina" brontolai, avvolgendomi ancora più accuratamente con la calda coperta.
"Scusa, scusa, è che ti stai comportando proprio come quando da piccola ti sgridavamo e venivi a rifugiarti in questa casetta" rise divertito, mentre chiudeva la piccola porta di legno alle sue spalle.
Mi sorprendeva il fatto che riuscisse ad entrare in uno spazio così ristretto nonostante la sua robusta corporatura, da una parte quella situazione mi divertiva.
"Non voglio vederla"
"Lo so tesoro, ma non possiamo continuare a vivere in questo modo"disse, accomodandosi al mio fianco, e avvolgendomi le spalle con un braccio "Farvi la guerra non porterà a niente"
"Mi merito di stare male...è stata colpa mia"
Le mie parole furono seguite da un lungo silenzio, ed iniziai a temere che l'uomo al mio fianco non parlasse perché infondo era d'accordo con la mia affermazione.
"Kate" sussurrò il mio nome, incitandomi a guardarlo negli occhi "Tu sei ciò a cui tengo di più al mondo, non potrei mai farti una colpa di ciò che è successo, sai che è stato un incidente"
"Se fossi stata più attenta, se non mi fossi lasciata travolgere dalla rabbia forse lei sarebbe ancora con noi"
"Tesoro tu-"
Non potevo più ascoltarlo, tutto attorno a me stava iniziando a sfogarsi. Mi alzai di scatto, lasciandolo interdetto.
"Smettila di giustificarmi! Ha ragione la mamma, sarei dovuta morire io al suo posto!"
"Tua madre è ancora turbata, non riesce a ragionare prima di parlare"
"Cazzo, smettila di trovare scuse, sono stanca di questo teatrino! A te importa sul serio? O cerchi solamente di apparire migliore di tua moglie? Qual è il tuo cazzo di ruolo in questa merda di teatrino?"
Gli occhi brillavano a causa delle lacrime, e la gola bruciava a causa delle urla. La cosa che mi fece più male, però, fu vedere mio padre abbassare la testa, quasi in un gesto di arresa.
Stanca di quella conversazione decisi di scendere dalla casetta sull'albero che papà costruì quando avevo all'incirca sette anni e, per un momento,le sue parole mi fecero esitare.
"Sei davvero disposta a vivere con un demone simile nel cuore? Lasciati aiutare...ti prego"
Non sapevo che quella sarebbe stata l'ultima volta che avrei mai sentito la sua voce.

Voleva soltanto aiutarmi, ed io mi sono permessa di rifiutare l'unica persona che fosse mai stata disposta a farlo. Cosa dice tutto questo di me? Potrò mai guardarmi allo specchio senza vergognarmi del mio riflesso? Riuscirò mai a vederci una persona diversa?
Mi guardo negli occhi e non vedo altro se non dolore.
Dolore su dolore.
Sono costretta a soffrire in eterno.
Questa è la mia pena.

"Vuoi parlarne?"
Alex è poggiato al muro difronte a me e mi guarda con compassione.
Non esiste cosa più fastidiosa che essere guardati come se le persone fossero sicure che non sei abbastanza forte da affrontare una situazione pericolosa per conto tuo, senza rischiare di finire in mille pezzi in mezzo secondo.
"Mi sembrava di avervi detto di andare via"
"Io non me ne vado"
Non appena ho letto la lettera sono tornata a casa senza dire una parola, seguita a ruota dai ragazzi, che hanno rispettato il mio silenzio. Una volta arrivati c'era Sophie seduta sul divano, ma l'ho ignorata e mi sono incamminata verso la mia stanza, mentre sentivo Matt chiederle di andare via.
Un attimo dopo ero seduta sul mio letto, mentre quattro ragazzi mi guardavano senza proferire parola, forse temendo di dire qualcosa di sbagliato. Mi dispiace vederli preoccupati, ma in questo momento ho così tante cose da gestire, che non riesco a pensare ad altro.
Ho chiesto loro di andare via e, senza esitare, Travis è stato il primo a darmi ascolto, seguito da Matt e poi Luke, anche se sembrava dubbioso.
Alex, invece, come avrete capito, è ancora qui, nonostante siano passati cinque giorni, lui si presenta alla mia porta ogni volta che ne ha la possibilità.
Non succede molto però. Io sto per conto mio in silenzio, lui prova a farmi parlare ma, quando capisce che non ne ho nessuna intenzione, si limita a stare al mio fianco, senza chiedere altro.
Infondo mi dispiace per il modo in cui mi sto comportando, so che non lo meritano, ma è il mio modo per evitare di impazzire. Evito l'argomento, provo a non parlare con nessuno e, quando qualcuno prova a scavalcare il muro che mi sono costruita attorno, lo allontano e gli faccio del male.
Ho dovuto creare un sistema di autodifesa con il passare degli anni, e da una parte ne sono felice. D'altronde, mi tramuto in una persona completamente diversa, e questa cosa non riesco ad accettarla.
"Non ho bisogno della tua preoccupazione Alex, ce la posso fare"

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