Un Porto Sicuro

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Ricordo quel periodo in cui mi sentivo sola.
Smarrita.
Non avevo nessuno su cui poter contare.
Chi doveva aiutarmi a crescere, non ne era in grado.
Anziché fungere da guida hanno funto da creatori di traumi.
Ancora oggi mi capita di sognare, di temere, delle situazioni in cui ho paura di vivere la vergogna.
Quella vergogna che ti fa sentire derisa e che ti infama.
D'altronde non tutti possono essere dei buoni educatori; la maggior parte delle persone sono inadatte per svolgere questo ruolo.

Perciò cercavo negli altri una via d'uscita.
Cercavo la salvezza.
Cercavo di autoeducarmi tramite l'aiuto inconsapevole degli altri.
Ed è così che mi è apparso James.

È un venerdì mattina, e come al solito alle 7.07 sono puntuale alla fermata del pullman che mi porta alla nuova scuola.
La nuova scuola mi piace molto, sopratutto perché ci sono tanti ragazzi.

Le ragazze sono solo 3 e stanno per i fatti loro.
Io non vado d'accordo con le ragazze: spettegolano,
sparlano alle spalle,
non sanno divertirsi,
se fai una battuta ti guardano male,
se non ti trucchi sei una bambina,
se non ti vesti bene sei una sfigata,
se usi lo zaino puoi tornare alle elementari: loro usano la borsa Armani rigorosamente comprata dal papino.
Loro hanno le unghie fatte dall'estetista, io lo smalto comprato da 'Tutto a 1€' che si sta rovinando.
Io non ho problemi a parlare con tutti, loro ben studiano le persone prima di rivolgergli un semplice saluto.
Io non mi faccio problemi a parlare con i ragazzi, loro non riescono nemmeno ad avvicinarsi.

Perciò stó o da sola o con i ragazzi della mia classe.
Ce ne sono sette con cui vado d'accordo, infatti, dopo appena qualche giorno dal nostro primissimo incontro, siamo diventati amici.

Questa mattina alla fermata non sono da sola ma c'è James, sua sorella Rosaline e sua mamma Katherine.
Mentre parlo con Katherine sposto lo sguardo su James, che mi sembra da subito un tipo tranquillo, alla mano, rispettoso e che sapeva stare al suo posto, ma al contempo teneva d'occhio tutta la situazione, infatti spesso noto che a tratti anche lui ci osserva.
Sento i suoi occhi marroni poggiarsi spesso su di me.
Non mi sento a disagio.
Percepisco solo che mi sta studiando.

Ed, è qui che comprendo che è proprio questo ciò di cui ho bisogno.
Necessito di qualcuno che mi tenga d'occhio ma che al contempo sa stare al suo posto.
Mi sento al sicuro, pur avendo quella libertà che ho sempre preteso.
Per me la libertà significa fiducia, e fiducia è sinonimo di sano affetto.
La protezione invece rappresenta un porto sicuro al quale chiedere consiglio.
È un luogo in cui ci si sente accettati e che con delicatezza ti mostra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

Così non ho fatto altro che tendere la mano verso di lui, e lui l'ha intrecciata alla sua.

Ben presto però ne ero diventata dipendente.
Se non c'era lui io mi sentivo persa.
Di fronte agli ostacoli per me era difficile comprendere quale strada avrei dovuto percorrere senza un suo consiglio.
Mi sono sentita di nuovo smarrita.
E ho dovuto imparare a capire.
Ad ascoltarmi e ad ascoltare la vita.
Inizialmente provavevo a ragionare come lui, e funzionava.
Poi ho perso il focus, perdendo così anche la mia strada.
Ora non devo far altro che ritrovarla e metterla in pratica, non illudendomi che sia lui a guidarmi, ma con la consapevolezza che posso salvarmi da sola.

Se c'è una cosa che ho imparato è che senza sé stessi si è persi, ma non si può smarrire sé stessi, bisogna solo rieducarsi a guardarsi dentro.
Quando ciò accade si è in grado di realizzare la propria strada, come nessun altro ingegnere civile è in grado di fare.
Questo perché dentro di sé c'è l'anima, e l'anima è Dio, è l'eterno.

Un abbraccio,
Gree✨

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