17. Kacey

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La luce del sole che entrava dalle vetrate mi svegliò. Non so che ore fossero, ma mi sentivo piacevolmente indolenzita e riposata. Tastai il letto accanto a me con gli occhi ancora chiusi ma lo trovai vuoto e freddo. Mi infilai la camicia di Chase della sera prima e andai a cercarlo.

Spettacolo. Fu la prima cosa a cui pensai.

Chase era dietro ai fornelli che canticchiava con solo addosso un paio di boxer neri. Era un gran bel vedere. I muscoli erano tesi, le vene un po' gonfie e il sedere assolutamente perfetto che avevo avuto occasione di palpare più volte nella notte si muoveva piano. Avevo scoperto che era maledettamente sodo.

Chase si voltò e mi beccò a fissarlo. Mi regalò un sorriso a mille watt. Avanzai un po' intimidita e lo raggiunsi dietro il bancone della cucina.

Mi afferrò per i polsi e mi strinse contro il petto. Gli gettai le braccia al collo e affondai le mani fra i capelli scompigliati. Mi baciò dolcemente sulle labbra e le sue mani corsero sotto la sua camicia e trovarono la mia pelle nuda. Mi strizzò il sedere e mi scappò un urletto.

<<Stavo preparando la colazione>>.

Annusai l'aria: sapeva di uova, caffè e bacon. <<Eri particolarmente allegro>>, lo presi in giro.

Ridacchiò. <<Mi hai sentito cantare, vero?>>

<<Eri abbastanza intonato, dai>>.

Mi sollevò dal pavimento e mi depositò sul bancone freddo. Il suo sguardo scivolò dentro i bottoni aperti della sua camicia. <<Sta meglio a te che a me>>. Arrossii. Nonostante quello che era successo durante la notte, mi metteva ancora in imbarazzo.

Le sue mani si appoggiarono sulle mie cosce nude. <<Fame?>>

<<Molta>>, risposi. Il mio stomaco stava brontolando.

Afferrò due piatti e li riempì di cibo. Me ne porse uno accompagnato da una tazza di caffè. Mangiammo così: io seduta sul bancone e lui in piedi in mezzo alle mie gambe.

<<Hai un bell'appartamento>>, dissi smorzando il silenzio.

Era la prima volta che mi guardavo attorno. La sera prima ero decisamente presa da altro. L'attico era molto luminoso: aveva delle lunghe vetrate che mostravano un paesaggio da mozzare il fiato proprio sopra la città. I mobili erano bianchi e grigi in perfetto ordine. Quella casa era bellissima e perfetta. Aveva qualche foto sparsa in giro, ma sembrava un po' spoglio. Come se non ci fosse mai. Probabilmente era così visto che stava tutto il giorno in ufficio.

Alzò una spalla. <<Mi sono trasferito qui da poco. Non ho ancora avuto tempo per sistemarlo>>.

<<Lo capisco>>. Anche io stavo da poco nel mio appartamento. Prima lo condividevo con Grace e avevo ancora qualche scatolone in garage da sistemare. Non avevo ancora avuto tempo.

Finito di mangiare lo aiutai a riempire la lavastoviglie, ma fui distratta dal suo corpo. Aveva troppa pelle in vista e volevo solo sentirla contro la mia ancora. Finalmente ero riuscita anche a vedergli i tatuaggi: aveva una scritta sul pettorale e una lettera -una K credevo- intrecciata nelle spine. Non gli avevo chiesto il significato di nessuno dei due. Diciamo che non avevamo parlato per niente quella notte.

<<Hai da fare oggi?>>, chiese asciugandosi le mani.

Scossi la testa. <<No, niente programmi>>.

Appoggiò le mani ai lati del mio corpo, intrappolandomi fra lui e il lavandino. <<Ti va di passare la giornata con me?>>

Assolutamente, cavolo. <<Sì>>. Senza preavviso, mi caricò in spalla e mi sculacciò piano. <<Chase!>>

TELL IT TO MY HEARTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora