5. Kacey

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Erano le nove di sera e l'ufficio era completamente deserto. L'unica persona che sapevo esserci era Carl, l'addetto alla sorveglianza di cui avevo fatto conoscenza qualche sera prima. I corridoi erano tutti bui e regnava la pace. Era il mio momento preferito.

Niente frenesia nei corridoi. Niente interruzioni. Niente Luis il Tiranno nei paraggi.

Ero talmente immersa nella lettura che non mi accorsi dell'uomo appoggiato contro la mia porta. Fino a quando parlò, facendomi sobbalzare. <<Lavori quattordici ore al giorno. Fai sfigurare perfino me>>.

Alzai lo sguardo e rimasi con la bocca aperta. Indossava ancora il completo solo che la cravatta e la giacca erano spariti, le maniche della camicia erano tirate su e gli avambracci muscolosi in bella vista. E Dio, quelle vene... amavo quelle braccia. <<Devo consegnare questi a Luis domani mattina>>, spiegai indicando i documenti sparsi sulla mia scrivania.

Entrò e si accomodò nella sedia di fronte alla mia destinata agli ospiti. <<Hai già cenato?>>

<<Non ho avuto tempo>>. Al pensiero del cibo il mio stomaco brontolò.

Chase rise. <<Ti va di unirti a me? Ordino qualcosa da asporto>>.

<<Va bene, grazie>>.

<<Mi presteresti il telefono?>>, chiese allungando una mano.

Lo sbloccai e glielo passai. Osservò la foto che avevo come sfondo. <<Sorella?>>

Scossi la testa. <<Migliore amica>>.

<<Cosa ti va?>>

<<Scegli tu. Non sono schizzinosa>>.

Digitò un numero che sapeva a memoria e ordinò una quantità spropositata di cibo spazzatura che avrei dovuto smaltire in palestra per tutta la settimana. Solo che non mi importava. Avrei trascorso un po' di tempo con Chase. Ero emozionata al pensiero.

Mi restituì il telefono. <<Saranno qui con la consegna fra quindici minuti. Ci vediamo fra poco nel mio ufficio? Ho dei documenti da firmare>>.

Furono i quindici minuti più lunghi della mia vita, ma almeno avevo finito tutto quello che Luis mi aveva assegnato. Prima di raggiungere Chase, lasciai i fascicoli sulla scrivania del Tiranno.

Quando entrai nell'ufficio di Chase, il profumo di cibo fece brontolare il mio stomaco un'altra volta. Lo raggiunsi nel suo angolo salotto e sprofondai in una sedia di pelle morbida. Un po' lontana da lui. Non mi fidavo di me a condividere uno spazio stretto con Chase.

<<Spero ti piacciano gli hamburger>>, disse allungandomi un involucro.

<<Amo gli hamburger. E le patatine fritte>>.

Mi fece l'occhiolino. <<Buono a sapersi>>.

<<Allora, hai finito di lavorare per oggi?>>, chiesi addentando le mie patatine fritte.

<<Credo di sì. Tu?>>

<<Credo di sì>>.

Mi guardò. <<Ti va di fare un gioco?>>

<<Gioco?>>

Sorrise. <<Sì, hai mai giocato a questo o quello?>>

<<Da ragazzina, sì>>.

Bevve un sorso di coca. <<Mare o montagna?>>

<<Mare. Tu?>>

<<Entrambe le cose>>, rispose, <<Tocca a te>>.

<<Testa o cuore?>>

Ci pensò su. <<Dipende dalle situazioni, credo. Tu?>>

<<Cuore, sempre>>.

<<Cane o gatto?>>

<<Cane, tu?>>

<<Cane>>.

Andammo avanti così per un po'. Scoprii che amava la pizza, ma odiava la verdura. Il suo frutto preferito erano le fragole e non sopportava l'anguria.

<<Dimmi qualcosa di imbarazzante che non hai mai detto a nessuno>>, disse. Avevamo finito la cena da un po', ormai. Nessuno dei due aveva voglia di andarsene. Io mi ero tolta le scarpe con il tacco e lui era seduto comodo nella sua poltrona.

Ci pensai. <<Una volta alle medie non avevo studiato per un compito di matematica e l'ho fatto scrivere alla mia migliore amica Grace. Presi una bella A meno. I miei genitori come premio mi portarono in un parco divertimenti. Mi sentii così in colpa>>.

<<Hai confessato il tuo peccato?>>, chiese divertito.

Scossi la testa. <<Mai>>.

Stavamo facendo quel gioco. Io ti dico qualcosa di me, tu in cambio mi racconti qualcosa di te. <<Io invece al College ero proprio scatenato. Andavo ad una festa ogni settimana e mi ubriacavo. Una sera ero talmente andato che scambiai il bagno per la cucina. Ti lascio immaginare il resto>>.

Mi portai le mani alla bocca e scoppiai a ridere. <<Oh, Dio. Qualcuno ti ha scoperto?>>

Fece una smorfia. <<Purtroppo sì. Mi buttarono fuori di casa e mi risvegliai il giorno dopo nel loro giardino>>.

Continuavo a ridere. <<Ma è terribile>>.

<<Sì, non uno dei miei momenti migliori>>.

Quando guardai l'ora nel mio telefono mi resi conto che era tardi. Veramente tardi. <<Dovrei andare>>, dissi alzandomi. Lo aiutai a sistemare il suo ufficio. <<Grazie per la cena>>.

Mi prese per un polso e mi tirò contro di sé. Si avvolse la mia coda improvvisata attorno al polso, inclinandomi la testa come voleva lui. Avevo notato che gli piaceva fare qual gesto con me. <<Esci a cena con me>>.

Ero tentata. Molto tentata. <<Chase>>, cercai di protestare.

<<Domani sera. Tecnicamente non sono il tuo capo da dopo le cinque di oggi pomeriggio e non tornerò ad esserlo fino a lunedì>>.

Sospirai. <<Va bene>>.

Il suo viso si illuminò con un sorriso. Mi lasciò andare e andò alla sua scrivania. Scrisse qualcosa in un pezzo di carta che mi mise nella mano. <<Fatti trovare qui alle otto>>.

Mi accompagnò fuori dal palazzo e fermò un taxi per me. Prima di salire mi stampò un bacio sulla guancia. <<Sono stato bene, peperino. Grazie per avermi fatto compagnia>>.

<<Grazie a te>>. Con le gambe malferme salii nel taxi e lasciai Chase sul marciapiedi dietro di me e diedi al taxista il mio indirizzo. Durante il tragitto aprii il bigliettino che mi aveva lasciato.

Vieni affamata, peperino.

Era il suo indirizzo di casa. Merda. In che guai mi stavo cacciando?

TELL IT TO MY HEARTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora