29. Kacey

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Perché hai una foto con lo zio Chase?

Quella frase si rigirò nel mio cervello per i successivi cinque minuti, che fu il tempo che impiegai per fare i collegamenti. Mi alzai di scatto dalla sedia della cucina di mia madre e mi precipitai al piano di sopra, in quella che era stata la mia stanza.

Aprii l'armadio e cercai la scatola con le cose di mio fratello. Avevo nascosto lì dentro anche tutti gli articoli che riguardavano l'incidente.

Sparpagliai tutto sul letto e fissai le foto della famiglia di Kimberly. Mi sentii tremare e le ginocchia cedettero sotto il peso del mio corpo. Crollai sul pavimento e l'immagine non se ne andò dalla mia mente.

Natalie Parker era la madre di Kimberly.

Chase era il fratello di Kimberly. Il mio Chase. Lo zio di Mia.

<<Tesoro, che succede?>>, chiese mia madre entrando nella stanza.

Mi portai le mani tremanti fra i capelli. <<Chase>>, iniziai ma mi bloccai. Non riconobbi nemmeno la mia voce.

Si sedette accanto a me nel pavimento. <<Non lo sapevi?>>, domandò con dolcezza.

Scossi la testa. <<Ho visto la famiglia di Kimberly una sola volta al funerale di Jason e sono passati tantissimi anni. Quando ho saputo il cognome di Chase, mi sono detta: "Sai quanti Parker ci sono a Boston?". All'epoca avevamo solo sedici anni e siamo cambiati, entrambi. Quindi, no. Non lo sapevo>>.

<<Quanto conosci questo ragazzo?>>

Sospirai. <<Non lo so più>>, sussurrai.

<<Lui lo sa chi sei?>>, domandò abbracciandomi. Scossi la testa. Non sapevo nemmeno questo. Non avevamo mai menzionato niente che riguardasse i nostri rispettivi fratelli. <<Credo dovresti parlare con lui>>, suggerì.

Sapevo che dovevo farlo. Raccolsi gli articoli e il fazzoletto che Chase mi aveva dato il giorno del funerale e portai tutto al piano di sotto in uno stato confusionale. Non sapevo se piangere o se essere furiosa. Non sapevo niente.

Salutai Mia, che stava guardando i cartoni, con un bacio in testa e un sorriso forzato, prima di uscire da quella casa e salire su un taxi. Fu un viaggio lungo e strano. Sapevo di dover affrontare Chase, ma non sapevo come. Cosa gli avrei detto? E se lui si era avvicinato a me, proprio per l'incidente?

Tante domande affollavano la mia mente.

E nessuna di queste aveva una risposta.

Chase ed io avevamo sedici anni quando ci siamo visti al funerale. Era stato un incontro fugace ma intenso. In quel momento condividevamo lo stesso identico dolore. I suoi bellissimi occhi verdi erano spenti e tristi quel giorno, ma avevano scavato qualcosa dentro di me.

Avevo intravisto un'anima simile alla mia.

Da allora quegli occhi mi avevano perseguitata nel sonno e continuavo a rivederli. Solo che il suo viso non era più limpido. Non lo ricordavo più molto bene. Fino ad oggi.

Chase non era più quel ragazzino magro e triste. Adesso era un uomo e non c'era più traccia di quel ragazzino in lui. Era cambiato e la prima cosa che mi aveva attirato di lui, erano proprio stati i suoi bellissimi occhi verdi. Senza sapere il perché.

Ma come avevo fatto a non accorgermi di niente? Perché non leggevo mai i giornali? Avrei capito subito che si trattava della stessa famiglia di Kimberly. Dovevo capirlo.

Invece no. Avevo trascorso due anni all'estero a finire la scuola e quando ero tornata, ero partita per il College a studiare legge. Non tornavo a casa quasi mai, ma videochiamavo mia madre ogni settimana per vedere mia nipote crescere.

La famiglia di Kimberly non l'avevo più vista dal giorno del funerale. Mia madre era l'unica che parlava con la famiglia di mia nipote e sapevo che spesso portava Mia dagli altri nonni. Nessuno aveva mai menzionato Chase.

Perché?

Il taxi accostò accanto al marciapiedi di fronte al palazzo dove viveva Chase. Persa nei miei pensieri pagai l'autista e scesi dall'auto con un sospiro. Strinsi al fianco la scatola che conteneva i ricordi di mio fratello e mi feci coraggio.

Volevo quelle maledette risposte. E sapevo che Chase era l'unico che potesse darmele.

Entrai nel palazzo e il portinaio mi lasciò passare con un sorriso. <<Buona serata, signorina Maddox>>.

Ricambiai appena il saluto e mi diressi verso l'ascensore. Il mio cuore non la smetteva più di battere impazzito. Avevo paura di sapere e allo stesso tempo ne avevo un disperato bisogno.

Le porte si aprirono al piano di Chase e presi un lungo respiro prima di bussare.

<<È aperto>>, urla allegro Chase.

Spalancai la porta ed entrai. Un profumino spettacolare riempiva l'aria del suo appartamento. Peccato che avessi lo stomaco chiuso. Avanzai di qualche passo e improvvisamente quella scatola che stringevo con tanta forza, iniziò a pesare come un macigno.

Chase si era impegnato moltissimo per questa sorpresa. Aveva sparso in giro qualche candela profumata che rendevano il salotto romantico. Il tavolo ben apparecchiato e il vino nel secchiello. Il mio preferito.

Mi sentii morire. Stavo per sganciare una bomba e non sapevo che cosa aspettarmi dopo.

Chase fece capolino dalla cucina e appena mi vide, il suo viso si illuminò con un sorriso enorme. Era bellissimo in modalità casual post-lavoro con jeans e t-shirt e in altre circostanze mi avrebbe fatta tremare, ma non in quel momento.

Ero di fronte l'uomo che avevo cominciato ad amare e non sapevo se potessi fidarmi di lui.

Si bloccò a qualche passo da me. Il sorriso si spense notando la mia espressione. <<Che succede, Kace?>>, domandò serio.

Mandai giù il groppo che avevo in gola. <<Chi sei veramente, Chase?>>.

TELL IT TO MY HEARTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora