12. Chase

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Dieci anni prima...

Dopo il funerale di mia sorella, mio padre mi stette con il fiato sul collo. Controllava ogni mia mossa, che rigassi dritto e non mi caciassi nei guai.

Avevo finito di andare alle feste.

Avevo finito di divertirmi in giro.

Mi aveva detto chiaramente che ora ero io a dover prendere in mano l'eredità della sua famiglia: il suo maledetto studio. Doveva spettare a mia sorella prima di me, ma lei aveva chiaramente detto no. Solo che mio padre sperava cambiasse idea. Ora lei non aveva più una scelta da fare.

Per colpa mia.

Ero divorato dal senso di colpa. Non dormivo. Non mangiavo. Però studiavo. Era l'unica cosa che non mi permetteva di pensare. Non me ne lasciava il tempo.

Mio padre mi portava ai suoi incontri di lavoro così che imparassi da lui i trucchi del mestiere. Negli ultimi mesi ero stato ad un sacco di riunioni e non riuscivo a ricordarmi un solo nome dei clienti. A parte questo, ero bravo. Avevo imparato a scrivere contratti già alle medie e mi tornò utile.

Mio padre mi assunse come tirocinante e mi ritrovai a trascorrere tutto il tempo del College in un ufficio minuscolo ma pieno di vita. Fu il lavoro ad impedirmi di andare a fondo con il mio senso di colpa.

Però mio padre non si accontentò di questo. Voleva riavere indietro il suo figlio equilibrato e non il fantasma in cui mi ero trasformato. Perciò mi costrinse a vedere uno psicologo. Ogni settimana, il martedì mattina alle otto.

Aveva dei metodi a quando bizzarri di gestire le sue sedute ma funzionarono. Non subito, ma con il tempo. Parlavamo di mia sorella quasi tutta la seduta. Doveva tirarmi fuori le parole a fatica ma parlare mi aiutava.

Solo che il senso di colpa era ancora lì. Sottopelle. E sapevo che me lo sarei trascinato dietro a lungo.

TELL IT TO MY HEARTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora