Cap. 20 || Hyosuke

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Nostro padre lasciò quella stanza portandosi dietro un miscuglio informe di sentimenti contrastanti.
Airo era in lacrime, forse si era pentito, è sempre stata una persona impulsiva sono sicura che il suo intento non era quello di farmi del male, voleva, a modo suo, farmi conoscere una verità che da sempre mi è stata nascosta, non avevo motivo di serbare rancore nei confronti di mio fratello, non avrei risolto nulla, mi alzai e lo abbracciai con forza. Un sospiro lasció la mia bocca facendo posto al silenzio.

«Ti voglio bene Reha, scusami» non occorreva che me lo dicesse, ma quelle parole mi scaldarono il cuore.

Quella sera anche zio Shota e Kuro vennero informati dell'accaduto, loro sapevano già tutto, in pratica ero l'unica a barcollare nell'ignoranza.
Quella maledetta cena fu un supplizio, nessuno spiccicava parola ed ogni boccone che mandavo giù sembrava un mattone.
Non finii il pasto, nessuno lo finì.

Mi recai in camera e iniziai a preparare la valigia, non sapevo neanche io cosa dovevo portarmi, quante cose, non sapevo nulla, stavo andando contro qualcosa di ignoto e mi spaventava terribilmente. Afferrai con forza il maglione bianco che avevo tra le mani e ci sprofondai il viso dentro, iniziai ad urlare così forte da grattarmi la gola. Soffocavo ogni mio grido, ogni mia lacrima.

Avrei voluto mandare un messaggio ai miei compagni di classe, avrei dovuto scrivergli qualcosa, ma cosa?!
"Ehi in realtà sono un mostro che manipola il sangue della gente e quindi devo partire?!"
Ma per favore, non ha senso continuare a tenere e a tessere legami in questo posto, preferisco strappare tutto in un solo colpo. Niente addii, niente pianti inutili.

Mi voltai verso Yuki e dissi: «te dovrai restare con lo zio Shota, non sopravviveresti a quelle temperature»

Il piccolo riccio mi guardò per poi tornare a dormire, probabilmente non gliene fregó un cazzo.

Quella notte mi addormentai accanto a Ombra con gli occhi gonfi. Le prime luci dell'alba non si fecero attendere, misi anche l'ultima valigia in auto e mentre ancora tutta la città dormiva mio padre disse «Forza Reha sali, il viaggio è lungo» esitai qualche secondo nella risposta, ma sapevo benissimo di non avere scelta.

«So che è dura ma devi farlo, è un tuo dovere da hero saperti controllare» aggiunse infilando le chiavi nel quadro della macchina.
«Per quanto?» chiesi con lo sguardo rivolto verso il finestrino
«Per almeno un anno» fermare le lacrime era impossibile, non ero sicura di aver unito nel modo giusto tutti i pezzi.
I miei compagni, sarebbero cresciuti, avrebbero continuato ad andare a scuola, ad uscire dopo le lezioni, i primi appuntamenti, i primi amori. Io mi sarei persa tutto. Chissà se qualcuno avrebbe atteso il mio ritorno.

Dopo tre giorni arrivammo al villaggio.
Me lo immaginavo diverso, immaginavo di trovare solo una grossa distesa di ghiaccio, orsi polari, pinguini, ok, forse mi ero data delle aspettative davvero strambe. Ma la realtà non mi dispiaceva affatto, era un piccolo borgo di campagna in perfetto stile giapponese, racchiuso tra le colline. L'impronta delle tecnologia moderna non era ancora arrivata lì.

«Bene siamo arrivati» esclamó mio padre, una schiera di persone fronteggiava la nostra macchina.

«BEN ARRIVATI!» esclamò un signore del posto, un grosso omone con la classica pancia da bevitore incallito di birra, quei poveri bottoni della camicia imploravano pietà nel tentativo di riuscire a tenere unito i due lembi di stoffa. Mi scappó una smorfia alla vista di quella scena ma mi ricomposi subito cercando di mascherare il mio ghigno.
Altri due signori si offrirono per aiutarci a scaricare i bagagli dall'auto.

Ombra ancora appisolato scese dalla vettura fiancheggiano la mia destra, per lui tutto quello era nuovo tanto quanto me.

«Forza accomodatevi abbiamo tanto di cui parlare» disse una buffa vecchietta la quale a malapena si reggeva in piedi, tutto l'equilibrio del suo corpo era dato da quel vecchio bastone di legno

Come un fiocco di neve || Bakugou x readerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora