10: Passato p.2

399 25 1
                                    

Todoroki's pov

Per orologio naturale, alle 8:30 ero già sveglio.
Stavo aspettando la campanella della colazione per avere una scusa per alzarmi.
Quando finalmente alle 8:40 suonò, scattai velocemente in piedi e uscii.

Mi bloccai subito davanti alla porta del biondino, indeciso tra lo svegliarlo e il lasciarlo dormire.
Aprii leggermente la porta e lo vidi avvolto come un bozzolo nella coperta.
Aveva un'espressione così serena mentre dormiva.

La cosa mi intristi' un po'.
Avrei voluto saper dormire anche io.
Senza tutti quegli incubi che invadono la mia mente.
Senza tutte quelle stupide immagini che mi fanno svegliare in un bagno di sudore.

Richiusi la porta e decisi di lasciarlo dormire.

Mangiai e ritornai di sopra, dove trovai il biondino in piedi in pigiama davanti alla sua porta.

"B-biongiorno" salutò.

Feci un cenno con la mano senza dire niente.

Lo vidi osservarmi come se stesse cercando di capire come iniziare una conversazione.

Cercai di ragionare su cosa volesse dirmi e i discorsi della sera prima tornarono nella mia testa.
Instantaneamente mi monto' una grande rabbia contro l'intera esistenza.

"Non è una psicopatica" ringhia guardolo malissimo negli occhi.

Lo spinsi contro la sua porta mettendo le mani ai lati della sua testa.

L'idea di spaventarlo funzionava bene.
Avevo uno sguardo assassino, lo avevo immobilizzato e il fatto che fossi più alto di poco meno di una testa semplificava le cose.

"C-come?" balbetto' lui spaventato.

"Mia madre non è una psicopatica. Tutto quello che è successo è colpa di mio padre!" urlai.

Lo vidi fermarsi un attimo per soppesare la situazione.

"Cosa le è successo?" chiede con voce tremante.

Avevo la sensazione che per quella domanda gli fosse servito una grande dose di coraggio.
Ma ci feci a malapena caso, concentrato com'ero a rivivere tutti quei momenti.

Lo guardai negli occhi e decisi che meritava di sapere.
Un po' perché volevo parlarne con qualcuno, un po' perché lo avevo tormentato per sapere tutto su di lui mentre lui su di me non sapeva niente.

"Mio padre...è un essere crudele" iniziai.
"Lui era violento....sia fisicamente che psicologicamente" cercai di spiegare.
"Io...non sono figlio unico. Ho due fratelli e una sorella. Un fratello e mia sorella sono morti in un incidente d'auto. L'altro fratello è scappato di casa e si è messo con un tipo. Mio padre l'ha diseredato" esposi.

Il suo sguardo era triste, ma tradiva una vena di curiosità.
Voleva sapere di più.
Per poter capire.

"Mio padre ha sempre maltrattato tutti noi. Mia madre pensava che fosse colpa sua perché lei lo aveva portato in casa. Era piena di sensi di colpa. Tra un pianto e l'altro perse la testa".

Mi fermai per riprendere fiato.
Non avevo mai parlato con nessuno di queste cose.
Non avevo mai sentito nessuno degno di sapere i cazzi miei.
Però, per qualche motivo, con lui era diverso.
Sentivo che lui mi avrebbe capito.

"Tra noi figli, io ero quello che lei odiava di più, perché ero il più simile a lui. Così, un giorno, cercò di buttarmi giù da una terrazza. Mio padre la fermò appena in tempo e la spedì in un manicomio. Lei si suicidò due mesi dopo".

Mi fermai un momento.

"È colpa mia se le è capitato questo. Non posso perdonarmi per essere così simile a lui" conclusi sprezzante.

Perché Sei TuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora