5° Capitolo

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E così rimasi lì. Senza parlare. Senza muovermi. Forse non potevo. Forse non volevo. Forse non dovevo. Forse.........

L'unica cosa che facevo era ricordare quanto mi fosse piaciuto pensare a noi come una coppia. Ma ben presto mi resi conto che neanche ci conoscevamo e che non avevo nessuna ragione per pensare certe cose.
Così, tra questi pensieri passarono dei minuti.
Fu quando, per tamponare bene la ferita, mi fece un po' male che ritornai alla realtà e, con tutt'altra voglia, parlai.
"Stai bene?"
Mentre pulì con un po' d'acqua lo straccio che aveva in mano, iniziammo a parlare.
"Si, grazie. Perché ti sei messo in mezzo?"
"Perché, non dovevo?"
"No, è solo che nessuno mi ha mai aiutato."
"Bhe, io non sono nessuno."
A quella battuta ci mettemmo a ridere come matti. Smettemmo solo quando, per la prima volta dopo molto tempo, i nostri occhi si incrociarono, come magnifici cigni che volano leggiadri nei celi di primavera, circondati da petali di rose che volano seguendo le correnti del vento.

Poco dopo, passato l'imbarazzo per quello sguardo così intenso tra due persone che non conoscono neanche il nome l'uno dell'altro, prendemmo le nostre cose e uscimmo.
Sulla porta dell'edificio c'era mia madre, mi voltai di scatto e con coraggio gli chiesi.
"Ti va di andare a cena fuori questo sabato?"
"Certo. Comunque io sono Andrea"
Mi disse allungando la mano verso di me. Io l'afferrai e dissi.
"Luca."
Lo salutai e andai verso mia madre.

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