24. L'inizio Della Fine?

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Una volta aperti gli occhi, Mia si sentì tremendamente male. Non ci fece caso all'inizio, aveva pensato che fosse semplicemente a causa della gravidanza. Le capitava molto spesso di avere dolori al ventre o giramenti di testa, in contemporanea alla nausea. Ma quella volta fu diverso. Tutto diverso. Per puro caso, la sua mano passò al di sotto del suo corpo e notò delle piccole tracce di sangue che la fecero sussultare. Divenne pallida come un cadavere, il battito cardiaco rallentava. Respirava profondamente, quasi come se fosse appena scesa da una macchina in corsa. Cercò con voce fleibile di chiamare il suo uomo, che beatamente dormiva al suo fianco, ma non ci riuscì. I dolori aumentarono, più passava il tempo più diventavano forti. Mia non resistette più e con tutta la voce che aveva in corpo, pronunciò quel nome che tanto amava. Gianni immediatamente aprì gli occhi, e quello che vide davanti lo lasciò con l'amaro in bocca.

«Mia»

«Gianni... Ti prego»

«Mia, cos'è successo?»

«Gianni... Dio, credo che sia in atto un aborto»

Il ragazzo fece scendere gli occhi e notò del sangue sparso sulle lenzuola. All'istante entrò nel panico, mostrandosi però calmo davanti a lei. Cercò di rassenerarla, ma non ci riuscì. Mia provava più paura di quella che aveva avuto in tutto quel lasso di tempo. Un ultimo grido concluse quel momento, e Gianni capì che non c'era più niente da fare: avrebbero perso quel bambino.

Gli occhi di Mia si aprirono dopo neanche mezzo secondo, ritrovandosi con le goccioline di sudore che scendevano lente sulla fronte, e il cuore che batteva ad un ritmo irregolare. Non aveva mai sognato qualcosa di peggiore, qualcosa che le aveva strappato l'anima dal petto. Senza rendersene conto, le lacrime si fecero strada sul volto. Aveva sentito sensazioni che mai aveva provato, sensazioni che le avevano procurato un affanno. Quasi come se avesse corso senza mai fermarsi. Si rese conto che quei dolori non erano frutto di un sogno, ma della realtà. Le si erano rotte le acque e avrebbe dovuto partorire.

Gianni si rese conto che qualcosa non andava. Mentre dormiva, non era complicato sentire Mia al suo fianco. Sia se stava bene, sia se stava male, lui la percepiva. Si svegliò, senza capire cosa stesse succedendo, ma non appena gli occhi si puntarono su Mia, quello che provò non lo sapeva spiegare.

«Mia, cos'è successo? Amore mio, ti prego, parlami»

«Gianni...»

«Mia accidenti, cosa sta succedendo? Ti prego, dammi anche solo un cenno se non riesci a parlare. Mi sto maledicendo per non riuscire a capirti»

«Mi si sono rotte le acque» sbraitò Mia, senza rendersi conto del tono che aveva usato nei confronti del suo ragazzo. Gianni ignorò quell'atteggiamento, diede la colpa all'ansia o anche solo alla paura. Le si avvicinò, prendendole immediatamente la mano.

«Va bene, è tutto a posto, vedrai che ce la faremo. Ascoltami, dobbiamo andare in ospedale Mia»

«Non riesco a muovermi»

«Non ti preoccupare, hai un futuro marito in forze» cercò di farla sorridere, ma senza sapere cosa avesse dentro la sua donna. Mia però, prima che Gianni riuscisse a prenderla fra le braccia, lo bloccò dal polso.

«Ho sognato che perdevamo il bambino» Lui non rispose, non riuscì nemmeno a formulare una parola corretta. Ignorò quell'orribile sensazione che aveva a livello del petto e dello stomaco e riuscì a sollevare Mia. Si trovarono in strada, con la macchina che avevano affittato per quel periodo che sarebbero rimasti in quel luogo.

Mentre Mia urlava sempre più forte, Gianni aumentava la velocita, senza avere lucidità. L'aveva persa non appena aveva sentito quella frase: ho sognato che perdevamo il bambino. Forse per la troppa ansia o per il troppo stress? La paura poteva essere un fattore scatenante?

Ma non aveva idea del perché ci stava pensando, quella frase aveva preso il sopravvento. Guardava la strada, ma era immerso nei pensieri. Mia cercò più e più volte la sua mano ma con scarsi risultati, quindi la portò sul sedile, per poi stringerla con estrema forza.

Arrivati in ospedale, Gianni chiese subito aiuto per Mia e in breve tempo la trasferirono nella camera per assicurarsi se tutto stesse andando per il meglio. Il parto era iniziato, Mia aveva raggiunto i nove centimetri ed era pronta per spingere e quindi, per mettere al mondo il suo bambino.

Ma non avrebbe voluto farlo senza Gianni, perciò reclamò la sua presenza che non tardò ad arrivare. Mia rimase con la spalla posizionata sul petto del suo Gianni, sentì il battito del cuore irregolare e non riuscì a trattenere un sorriso.

«L'hai detto tu che ce la faremo» sussurrò Mia, già in procinto di dare la prima spinta.

«Si» rispose Gianni, riprendendosi da quello stato di shock. Sentì l'ostetrica pronunciare delle parole rivolte a Mia e non appena lei spinse, capì che tutto aveva avuto il suo inizio.

Tutta la stanza girò e quindi andò per i fatti suoi: Mia avvertiva una forte scossa a livello del cuore, che non riuscì a sopportare a lungo. Dopo pochissimi secondi arrivò l'ennesima contrazione che non permetteva di avere il tempo necessario di ripresa.

Avevano paura. Non avevano mai provato qualcosa di così forte. Di estremamente forte. Credevano che tutto sarebbe andato per il verso giusto, ma quel sogno aveva messo loro dell'ansia. Specie perché si trattava di un parto prematuro: Mia era ancora nell'ottavo mese.

«Mia, cerca di prendere dei respiri profondi tesoro» Mia provò a farlo. Respirava profondamente ma non ci riuscì, un'altra contrazione arrivò ed era incredibilmente più forte. Le ore passarono in quel modo, nulla era cambiato ne tantomeno migliorato.

Ma l'ultima spinta fu quella decisiva: dopo ben quattro ore di travaglio, Mia mise al mondo un piccolo angelo.

Ma quello che capirono all'istante, provocò in loro un forte desiderio di piangere e di urlare, quasi come se avessero subito un forte incidente: il bambino non respirava. Non aveva emesso il primo vagitto ed era pallido. Incredibilmente pallido. Bianco come il latte.

𝐼𝑙 𝑀𝑖𝑜 𝑅𝑖𝑓𝑙𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑁𝑒𝑖 𝑇𝑢𝑜𝑖 𝑂𝑐𝑐ℎ𝑖.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora