17. Ricostruire Dall'Inizio.

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Quando furono nuovamente in ospedale, Gianni non si allontanò nemmeno di un centimetro da lei. Arrivò a minacciare ogni singolo medico pur di rimanere al suo fianco. Mia ancora non aveva ripreso conoscenza, ma le parole del medico erano state sufficienti a far barcollare Gianni.

"Se continua così, potrà non arrivare a fine gravidanza. C'è stato un distacco di placenta a causa della caduta"

Gianni si era sentito malissimo. Avrebbe dovuto sistemare il tutto e non farla più agitare. Mia era la cosa più preziosa per lui. Erano nuovamente mano nella mano, ma quella volta Mia sembrava non voler tornare alla realtà. I suoi occhi chiusi, le palpebre serrate, il respiro corto, la pelle bianca e morbida.

Aspettò ore, che sembravano un eternità, prima di vedere i suoi occhi chiari aprirsi. Gianni non aveva mai visto una simile freddezza in quelle iridi ma profonde, soprattutto quando erano puntate verso di lui.

«Stai bene?» le domandò Gianni, cercando di nascondere i suoi sensi di colpa.

«Sto bene se mio figlio sta bene, quindi dimmi lui come sta» fu la prima cosa che disse.

«Sta bene, ma... C'è stato un distacco di placenta Mia, e quindi potresti non arrivare a fine gravidanza se continui in questo modo. Io... Mi dispiace davvero tanto»

«Gianni io sono stanca, hai capito? Stanca. Non sopporto più le scuse di nessuno, ognuno di voi è bravo a venirmi addosso per ogni singola azione che compio, ma nessuno di voi si guarda le proprie spalle. A sbagliare tutti siamo bravi, ma l'importante è rimediare. Sai Gianni, da quando ti ho rivisto io l'ho rischiata per ben tre volte e per queste esatte tre volte mi è andata bene. Ma non ho più nessuna intenzione di tornare in ospedale per poi sentirmi dire che ho perso mio figlio, va bene? Non ho più nessuna intenzione di litigare con te, o di andare contro i miei genitori. Se il tuo problema è il nostro segreto, parla. Dillo a tutti, digli che ci siamo incontrati a Roma e che ora siamo a Los Angeles. Digli che siamo insieme, ma ti prego basta. Basta tutto»

Gianni non aveva mai visto Mia ridotta in quello stato, sapeva di essere responsabile ancora una volta dell'accaduto. Mia al suo fianco peggiorava soltanto, però non aveva nessuna intenzione di lasciarla stare. Passarono minuti che sembravano ore, e finalmente Mia ebbe il consenso di uscire, ma di rimanere a riposo. Niente stress, niente sforzi. Ed era soltanto al terzo mese di gravidanza.

Tornati in hotel, dopo un viaggio di silenzio, Gianni sistemò Mia a letto e mentre le accarezzava i capelli, la guardò dormire in lacrime. Era il responsabile di tutto quello che le stava capitando. Il suo cuore si era spezzato e cercò di rimetterlo al suo posto solo ed esclusivamente per i due amori della sua vita. Aveva compreso che Mia non aveva parlato a nessuno di lui con lei per proteggerlo. Perché poteva succedere qualsiasi cosa. Ma lui non poteva più permettere di far succedere qualcosa, quindi avrebbe rispettato lei.

Nel silenzio più totale, si sollevò dal letto e cercò nella borsa il libro di Mia. Voleva leggerlo, sentirsi più fragile di quello che già era. Voleva uccidersi da solo. Ma non avrebbe risolto nulla. Sfogliò le pagine con estrema lentezza, leggendo parola per parola. Pensare che tutte quelle frasi erano frutto di Mia lo distrussero ancora di più. Quello che lei provava per lui era immensamente forte.

«Non hai rispettato la parola data, avresti dovuto farmi da schiavo per ventiquattro ore» la voce di Mia così fleibile si sentì nella stanza, facendo sobbalzare Gianni che in un secondo andò al suo fianco.

«Avevo bisogno di sentirmi male»

«Per quale ragione?»

«Perchè da quando sono qui non ho fatto altro che peggiorare la tua situazione, ma non riesco più a lasciarti Mia. Mi rendo conto che se sei in questo stato è colpa mia, ma sul serio non riesco a mollarti. Non voglio mollarti»

𝐼𝑙 𝑀𝑖𝑜 𝑅𝑖𝑓𝑙𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑁𝑒𝑖 𝑇𝑢𝑜𝑖 𝑂𝑐𝑐ℎ𝑖.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora